NESSUNO SCONFINAMENTO PER REGIONI IN PIANO DI RIENTRO

A cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

Ancora una volta ritorna l’annoso problema delle spese extra Lea, cioè dei limiti e dei parametri di spesa da stanziare in relazione a tutte le prestazioni non ricomprese nei Livelli Essenziali di Assistenza.

A tale proposito con la sentenza del 9 agosto 2022, n. 190, la Corte Costituzionale ha confermato il divieto di effettuare spese extra Lea per le Regioni assoggettate al piano di rientro dal disavanzo sanitario, indipendentemente dalla lora forma di regioni a statuto ordinario o speciale.

Il provvedimento prende le mosse da un contrasto fra la normativa regionale e quella statale, in quanto la Regione Sicilia, a statuto speciale, aveva autorizzato, ai sensi dell’articolo 53 della legge della Regione Siciliana n. 9/202,  la spesa di 4, 2 milioni di euro per finanziare la terapia genica “Zolgensma” per la cura dell’atrofia muscolare spinale (Sma) per pazienti fino a 21 chilogrammi di peso, in contrasto con il principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e di conseguenza della determina dell’Aifa n. 277 del 21 marzo 2021 che ha previsto la rimborsabilità del farmaco “Zolgensma” esclusivamente per il trattamento di pazienti con peso massimo di 13,5 kg.

La Consulta nel provvedimento ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma regionale per violazione degli artt. 81 e 117, commi 2 e 3, della Costituzione, in relazione all’art. 1, comma 4-bis, del decreto legge 21 ottobre 1996, n. 536 “Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l’anno 1996” che assegnava all’Aifa il compito di individuare i medicinali innovativi erogabili a totale carico del servizio sanitario nazionale;  all’art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato- legge finanziaria 2005” che preclude alle regioni sottoposte ai piani di rientro dal disavanzo sanitario (come Sicilia) di erogare prestazioni non obbligatorie; all’articolo 17, comma 1, lettera c) dello Statuto della Regione Siciliana, ai sensi del quale la Regione può emanare leggi in materia di assistenza sanitaria entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato.

La materia nelle quale si muovono le fila dei principi espressi da questa sentenza è molto complessa, in quanto nonostante le numerose riforme relative al federalismo fiscale che attribuiva competenze specifiche alle regioni, la sanità è argomento di continua discussione, anzi di vero e proprio conflitto nell’attribuzione della competenza fra Stato e Regione.

Dovendo citare le principali norme costituzionali, certamente la centralità spetta all’art. 32 Cost., che non parla minimamente di attribuzione di competenze: è la Repubblica – ossia la pluralità dei soggetti pubblici governanti – a dover garantire effettività al diritto alla salute, nella sua duplice e contestuale accezione di situazione di vantaggio individuale e collettivo.

È negli articoli 117 e 118 Cost. che si annida, invece, un vero e proprio nodo gordiano. L’art. 117, co. 2, lett. m), Cost. riserva infatti alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che debbono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”; a ciò si aggiunga che il secondo comma dell’art. 120 Cost. attribuisce al governo un potere sostitutivo  in relazione a “… livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. Per altro verso, il terzo comma dell’art. 117 Cost. elenca la tutela della salute fra le materie di competenza concorrente, fra Stato e Regioni.

La nozione di base indica che è la legge dello Stato a stabilire le modalità di determinazione dei LEA, però, è un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, pur d’intesa con la conferenza unificata, ad effettuare la ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei settori di maggiore importanza per le politiche socialmente rilevanti e, segnatamente, per il settore della sanità. Dunque suddette fonti, in una con le competenze affidate alle determine dell’AIFA, sempre di attribuzione statale, costituiscono fonte di diritto primaria.

Dunque la sentenza non ha fatto altro che confermare l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui i princìpi fondamentali fissati dalla legislazione dello Stato nell’esercizio della competenza di coordinamento della finanza pubblica si applicano anche alle regioni a statuto speciale in quanto funzionali a prevenire disavanzi di bilanci, ma non ha fatto altro che ulteriormente incrementare il dibattito fra diritto alla salute, diritto alla salute territoriale e autonomia di spesa del territorio regionale, tutti principi costituzionali, dunque fonti primarie del diritto, ma superate dall’esigenza centralizzata di parametrare il diritto alla salute dei cittadini del territorio alla spesa e alla portata delle risorse finanziarie.

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