a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Si è già affrontato da parte di Acop il tema della riforma del Titolo V della Costituzione per quanto attiene l’autonomia differenziata delle Regioni, ma l’iter della riforma è ben più lungo e ha riguardato vari articoli della Costituzione.
La proposta di legge di revisione della Costituzione avente ad oggetto la tutela costituzionale dell’ambiente era stata già approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione dal Senato (il 9 giugno 2021) e dalla Camera (il 12 ottobre 2021) e, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, dal Senato (il 3 novembre 2021). Pertanto, a seguito della seconda approvazione a maggioranza dei due terzi dei componenti anche da parte della Camera dei deputati, così come previsto dall’articolo 138 della Costituzione, essa non è stata soggetta a referendum popolare, ma doveva essere solo pubblicata.
La riforma riguardava la modifica gli articoli 9 e 41 della Costituzione, introducendo nella nostra Costituzione la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali.
La nostra Costituzione, in origine, non aveva considerato l’ambiente quale oggetto di specifica tutela.
Successivamente la giurisprudenza della Corte Costituzionale, nella lettura del combinato disposto degli articoli 41 che riguarda l’iniziativa economica privata, l’art. 9 che tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico, nonché l’art. 2, cioè i diritti inviolabili e l’art. 32: la tutela della salute ha affermato che l’ambiente è un valore costituzionale e che la tutela ambientale è un diritto protetto costituzionalmente.
In virtù della legge costituzionale 3/2001, che ha riformato il Titolo V della Parte II della Costituzione, la materia ambientale è divenuta oggetto di specifica disciplina all’art. 117, che si occupa del riparto di competenze tra Stato e Regioni, di cui si è già parlato, senza tuttavia inserire la tutela dell’ambiente tra i principi fondamentali.
Quest’ultimo fondamentale passaggio si è realizzato soltanto oggi grazie all’approvazione della riforma costituzionale che, in tal modo, allinea l’Italia al quadro europeo ed internazionale in materia ambientale.
A tal proposito oltre alla giusta introduzione di un terzo comma dell’art. 9 che recita che la repubblica: “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”, il testo dell’art. 41 Cost., di conseguenza prevede: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
Sarà, dunque fondamentale che l’innovazione tecnologica derivante dalla libertà di iniziativa economica debba confrontarsi con la sostenibilità dell’impatto ambientale.
Nell’Unione Europea, il progresso scientifico e suoi benefici, da una parte e la salute e il benessere dall’altra, sono ampiamente riconosciuti e tutelati.
Nella Costituzione italiana l’art. 41 tutela l’iniziativa economica privata come “libera”, ponendo il limite di non essere in contrasto con l’utilità sociale, con la sicurezza, con l’ambiente e con la libertà e la dignità umana.
Dunque, quando si parla di innovazione tecnologica, il fine primario del diritto è quello di fornire strumenti giuridici utili all’incasellamento del diritto all’innovazione tecnologica (in particolare quell’innovazione che vede a suo fondamento il rispetto della tutela ambientale e salute e come risultato finale, del processo innovativo introdotto sul mercato, il miglioramento delle condizioni di salubrità ambientale) nel ventaglio dei diritti della personalità, tutelati dall’art. 2 della Costituzione (come il diritto alla vita, alla libera manifestazione del pensiero e altri) analizzati sia nell’ottica del soggetto privato che usufruisce dell’innovazione, che della persona giuridica, privata o pubblica che crea la start up innovativa.
Non si dimentichi che la Repubblica Italiana tutela lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnica nel rispetto dell’ambiente, così come riformato (art. 9 Cost.) e della salute (art. 32 Cost.).