A cura dell’avv. Maria Luisa Bellini
Con nota mail del 07.11.2022, una Struttura associata ha richiesto parere sul corretto computo del periodo di preavviso di dimissioni nel caso in cui, nel corso di tale periodo, insorgesse di malattia e/o ferie. Più in particolare, detta associata riferisce il caso di un lavoratore che aveva presentato le dimissioni in data 10.08.2022 con decorrenza dal 01.10.2022 e che tuttavia in tale arco temporale ha lavorato per soli 5 giorni, restando per il rimanente periodo assente per malattia e per ferie. Viene quindi richiesto se, a fronte dell’obbligo del lavoratore dimissionario di dare un preavviso di 30 giorni (come stabilito dal CCNL di riferimento) possa ritenersi legittimo e corretto trattenere un importo (a titolo di indennità di mancato preavviso) per le giornate di preavviso non lavorate pari a 25 giorni di calendario.
Ai fini di rispondere al quesito, gioverà preliminarmente ricordare che, ai sensi dell’art. 2118 c.c., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato ciascuna delle parti può recedere dando il preavviso nel termine fissato dai CCNL (nel caso di specie 30 giorni); in mancanza di preavviso il recedente è tenuto a corrispondere alla controparte un’indennità (c.d. sostitutiva del preavviso) equivalente all’importo della retribuzione spettante per le giornate di preavviso: ciò salve le ipotesi recesso per giusta causa (ai sensi dell’art. 2119 c.c.) e cioè di un causa tanto grave da non consentire la prosecuzione del rapporto neppure in via provvisoria per il periodo di preavviso.
In definitiva ed in via generale sia in ipotesi di recesso del datore di lavoro (licenziamento) sia del lavoratore (c.d. dimissioni), tranne che per l’ipotesi di giusta causa, il recedente ha l’obbligo di rispettare il periodo di preavviso, la cui funzione è quella di consentire (nel caso di licenziamento) al lavoratore di cercare altra occupazione ovvero (nel caso di dimissioni) al datore di lavoro di trovare e formare un sostituto.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente il preavviso ha efficacia obbligatoria (cfr. tra le tante Cass. 26.10.2018 n. 27294; 17.10.2017 n. 985), nel senso cioè che qualora una delle parti eserciti la facoltà di recedere immediatamente senza osservare il termine di preavviso il rapporto si risolve altrettanto immediatamente con l’unico obbligo per la parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva.
Qualora invece la parte recedente opti per la continuazione del rapporto durante il preavviso, nel relativo decorso proseguono gli effetti del contratto con tutti i diritti, tra cui quello di assentarsi in caso di malattia ovvero di fruire di periodi di ferie. Periodi di ferie nei quali, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2109 c.c., non può essere in ogni caso computato il periodo preavviso.
Alla stregua di tali principi consegue che in ipotesi di godimento ferie (o malattia) durante il decorso del preavviso, avviene ope legis uno spostamento del termine finale di cessazione del rapporto (cfr. Cass. 17.10.2017 n. 985). In sostanza il preavviso rimane interrotto per il periodo dell’assenza, per riprendere poi a decorrere dopo la cessazione delle ferie o della malattia per il numero di giorni di preavviso ancora dovuti: ciò evidentemente nella considerazione che il periodo di tempo finalizzato al preavviso debba ritenersi di lavoro effettivo.
Nel caso di specie, da quanto si legge nella richiesta di parere, il lavoratore dimissionario ha lavorato solo 5 giorni del periodo di preavviso che poi ha interrotto a causa di ferie e malattia, differendo cosi il termine finale del preavviso che avrebbe dovuto essere lavorato, ovvero compensato con la relativa indennità sostitutiva, che (in mancanza evidentemente della prestazione lavorativa) sembra essere stata correttamente trattenuta dall’azienda.