a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Per danno esistenziale si intende una componente del danno non patrimoniale che è indice di un peggioramento della qualità della vita della vittima, a causa di un evento lesivo. Più precisamente si tratta di un pregiudizio che riguarda un valore dell’esistenza del danneggiato, non facilmente monetizzabile. Inoltre comporta l’impossibilità di svolgere attività abituali. Si potrebbe, dunque, dire che il danno esistenziale comporta e deve comportare in termini di prova un’alterazione peggiorativa della vita quotidiana della vittima. Alterazione intesa sia come un facere, in termini di onere, sia un non facere, qualcosa che prima si sarebbe potuto fare e a seguito del danno non si può più fare.
Se la vittima ha contratto l’AIDS illecitamente, potrebbe doversi recare quotidianamente in ospedale, invece, nel caso in cui volesse avere dei figli, sarebbe obbligata a rinunciare per il rischio di trasmissione.
In entrambi i casi l’alterazione peggiorativa dell’esistenza del danneggiato è evidente.
Come si individua un danno di tal fatta?
Gli esempi possono essere di aiuto. Si può ipotizzare il venir meno di una persona, a causa di un errore medico, dato per assodato e provato che questo ci sia stato. Dalla morte di un feto a causa di una non diagnosticata eccessiva coagulazione del sangue materno che ha alterato la placenta e reso impossibile l’afflusso di sangue al bambino, alla morte di una persona cara per setticemia, a causa di un intervento in cui il chirurgo ha lasciato un attrezzo nel corpo della vittima e altri esempi del genere; non vi è dubbio che i futuri genitori del bambino, il coniuge e i figli della vittima nel caso di morte per setticemia subiscono un danno esistenziale dovuto ad una modifica peggiorativa della loro quotidianità, per la legge e per la giurisprudenza da considerare separatamente rispetto al danno non patrimoniale.
Come si prova il danno esistenziale è stato argomento delle Sezioni Unite con la sentenza n. 6572/2006.
Sostanzialmente la verifica di questo tipo di danno è una prova testimoniale documentale o presuntiva che dimostri i concreti cambiamenti che il danno ha comportato in senso peggiorativo nella qualità di vita del o dei danneggiati.
Le Sezioni Unite del 2006 hanno stabilito che il danno esistenziale è un danno conseguenza, ma deve essere provato, anzi allegato fin dall’instaurazione del giudizio, se possibile, in modo che il giudice sappia già che è presente nella richiesta risarcitoria. Dunque la sua risarcibilità non solo non è scontata ma passa attraverso una probatio piuttosto dura.
In un caso più recente e successivo alla introduzione della legge Gelli-Bianco, alcuni giudici di merito si sono riportati ad un altro principio elaborato dalle Sezioni Unite del 2008 che con la sentenza n. 26972 hanno configurato il danno non patrimoniale come categoria unitaria, e pertanto detti giudici hanno escluso la risarcibilità del danno esistenziale e anche di quello morale.
E’ il caso del Tribunale di Treviso che con una sentenza del 2021 si è pronunciato su un caso di malpractice medica. Succintamente il caso riguardava una persona cui era stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin e di conseguenza iniziava la chemioterapia.
Nel corso del trattamento si verificavano danni agli avambracci in sede di inserimento della cannula per procedere alla somministrazione della terapia per via endovenosa. A causa dello stravaso di liquido chemioterapico era conseguita una lesione ad entrambi gli avambracci, con deficit funzionale. Pertanto il paziente agiva in giudizio contro l’ospedale per danni patrimoniali e non.
Sulla base delle risultanze della CTU, il Tribunale condannava l’Azienda ospedaliera in quanto le complicanze verificatesi durante la seduta di chemioterapia dovevano attribuirsi all’inosservanza delle buone pratiche di prevenzione degli stravasi o, comunque, ad una non adeguata attenzione dell’infermiera che aveva eseguito la cannulazione delle vene degli avambracci. Conseguentemente, sussiste la responsabilità dell’Azienda ex artt. 1218 e 1228 cod. civ. per la condotta colposa dell’operatrice sanitaria.
Il Tribunale, sulla base della CTU, aveva applicato le tabelle del Tribunale di Milano, riconoscendo il danno non patrimoniale come categoria unitaria e perciò seguendo le indicazioni delle Sezioni Unite del 2008.
Dunque nulla per il danno esistenziale, poichè il danneggiato si era limitato ad allegare i cambiamenti della vita quotidiana, le maggiori difficoltà consistenti in normali conseguenze dell’evento lesivo.
Certamente la prova sul danno esistenziale è molto stringente ed anche quando si è provato la sua monetizzazione può apparire complicata. Il giudice ricorre alla via equitativa, che, però, a volte può apparire impervia e fuorviante.
Molto spesso si fa ricorso ad interpretazioni della giurisprudenza di legittimità a seconda del momento di applicazione.
La verità è che nell’ambito della certezza del diritto si dovrebbe addivenire ad una minore parcellizzazione del danno non patrimoniale risarcibile e, finalmente, varare un sistema tabellare unico nazionale, senza dover ricorrere al Tribunale di Milano o di Roma.