I medici delle strutture private, come quelli pubblici, hanno diritto alla monetizzazione delle ferie non godute, anche al momento della cessazione del rapporto di lavoro, secondo l’orientamento della giurisprudenza europea e italiana che riconosce il riposo come un diritto fondamentale e irrinunciabile, superando i limiti previsti dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) che, spesso, vietano la monetizzazione. Le aziende sanitarie sono tenute a provare di aver messo il lavoratore nella condizione di poter fruire delle ferie, altrimenti spetta al medico l’indennità sostitutiva, un diritto che può essere fatto valere anche in giudizio. Il Tribunale di Mantova con sentenza del luglio scorso ha condannato una Azienda della Lombardia alla monetizzazione delle ferie non godute da un dirigente medico. In breve: sulla monetizzazione delle ferie non godute incide in maniera decisiva la normativa europea; il diritto alle ferie retribuite è un diritto fondamentale del diritto sociale dell’Unione e allo stesso non si può derogare; quando il diritto non può più essere esercitato per la cessazione del rapporto di lavoro, lo stesso diviene suscettibile di monetizzazione e ciò per evitare che a causa di detta impossibilità il lavoratore lo perda, e l’unica deroga ammessa attiene all’essere stato messo il lavoratore nelle condizioni di godere di dette ferie, oltre che informato del fatto che diversamente le avrebbe perse. Spetta all’azienda sanitaria dimostrare di aver messo il lavoratore nelle condizioni di esercitare il diritto entro il periodo di riporto o comunque entro la cessazione del rapporto di lavoro, e di averlo altresì accuratamente informato che, diversamente, avrebbe perso il diritto. L’indennità sostitutiva per ferie non godute è un’indennità economica che viene corrisposta al lavoratore che, per cause a lui non imputabili, non abbia potuto fruire del periodo feriale che gli spetta per legge. Il diritto alle ferie è un diritto costituzionalmente garantito, indisponibile ed irrinunciabile dal lavoratore. La legge, infatti, prevede espressamente un periodo minimo di ferie annuali pari a quattro settimane che non può essere sostituito dalla relativa indennità sostitutiva per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro. La mancata fruizione delle ferie, dunque, potrà essere risolta con il differimento delle stesse o con il pagamento di un’indennità sostitutiva per ferie non godute. Essa risulta essere imponibile sia a livello fiscale che previdenziale. In vero, la natura dell’indennità sostitutiva è stata oggetto di dispute giurisprudenziali. Una parte della giurisprudenza, infatti, ritiene che l’indennità avrebbe natura risarcitoria, dal momento che è diretta a ristorare il danno fisico e psichico subito dal lavoratore per la mancata concessione del riposo spettantegli (art.2109 cod. civ. e art. 36 Costituzione), motivo per cui non dovrebbe essere assoggettabile a contribuzione previdenziale. Un’ altra parte, invece, sostiene che l’indennità sostitutiva per ferie non godute abbia natura retributiva, poiché è un compenso corrisposto al prestatore di lavoro, in dipendenza dell’attività lavorativa svolta, e in quanto tale deve essere soggetta a contribuzione sia previdenziale che assistenziale. L’importo erogato a titolo di “rimborso” per le ferie non godute, invece, non concorre alla determinazione della retribuzione utile ai fini del calcolo del T.F.R. Spetta al lavoratore l’onere di provare lo svolgimento dell’attività lavorativa nelle giornate che avrebbero dovuto essere destinate alla fruizione delle ferie al fine di inoltrare la richiesta di indennità per ferie non godute. L’indennità per ferie non godute è soggetta a prescrizione decennale. Sul punto proprio la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che le ferie non godute vanno sempre monetizzate. Nonostante il divieto contrattuale, molte aziende sanitarie, a causa del consolidato orientamento giurisprudenziale, adottano interpretazioni più favorevoli al lavoratore, evitando il contenzioso tramite transazioni. Tanto, atteso che nella prassi si verifica sempre più spesso che le aziende che rifiutano la monetizzazione rischiano di perdere cause legali, trovandosi a dover pagare arretrati fino a 10 anni, oltre che a far fronte ad ingenti spese legali. Tale disciplina si estende anche alla dirigenza in sanità dopo le modifiche apportate dalla relativa contrattazione collettiva il 23 gennaio 2024 che hanno affermato(vedasi art. 32 CCNL comma 9) il principio in virtù del quale le ferie sono un diritto irrinunciabile del dirigente e non sono monetizzabili a meno che (comma 11) non siano godute per esigenze di servizio nel qual caso sono monetizzabili solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, nei limiti delle vigenti norme e delle relative disposizioni applicative. Costituisce, inoltre, specifica responsabilità del dirigente con incarico di direzione di struttura complessa o semplice dipartimentale programmare e organizzare le proprie ferie tenendo conto delle esigenze del servizio a lui affidato, coordinandosi con quelle generali della struttura di appartenenza, provvedendo affinché sia assicurata, nel periodo di sua assenza, la continuità delle attività ordinarie e straordinarie. Naturalmente, la giurisprudenza ha chiarito che la contrattazione collettiva, che dispone il pagamento delle ferie nel solo caso in cui, all’atto della cessazione del rapporto, risultino non fruite per esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente medico, si applica solo nei confronti dei dirigenti titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza ingerenze da parte del datore di lavoro e non anche nei confronti dei dirigenti privi di tale potere. Il dirigente sanitario, che sia, invece, titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, nel caso in cui non eserciti il detto potere e non usufruisca quindi del periodo di riposo, non ha, in linea di principio, il diritto all’indennità sostitutiva, a meno che non provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali ed obiettive, ostative alla suddetta fruizione.
