Gli ultimi dati della Fondazione GIMBE, con riguardo all’emergenza sanitaria per la Campania dimostrano che non c’è più l’ambizione a diventare medico di medicina generale.
Infatti, a fronte del numero massimo di assistiti di 1.500 pazienti – si legge – il massimo di 1.800 in Campania riguarda il 52,7%.
Ma ciò che preoccupa in particolare è il dato anagrafico. Da questo punto di vista le regioni del Centro-Sud sono sopra la media nazionale, “anche in conseguenza di politiche sindacali locali che non sempre hanno favorito il ricambio generazionale. In alcune regioni meridionali la fascia dei medici di medicina generale più anziani arriva a superare l’80%: Calabria (88,3%), Molise (83,2%), Campania (82,7%), Sicilia (82,6%), Basilicata (82,1%)”.
Per la Fondazione Gimbe è “accettabile un rapporto di 1 medico ogni 1.250 assistiti”: di conseguenza in Campania mancherebbero all’appello 349 medici. Il problema sarà aggravato dai prossimi pensionamenti, secondo i dati Agenas, perché si prevede che nel 2025 il Mezzogiorno sarà quasi senza medici: “Sicilia (-542), Campania (-398), Puglia (-383)”.
Ma ce lo dimostra anche l’ultimo bando nel Lazio: a fronte di 531 posti disponibili, hanno fatto domanda soltanto in 104.
La soluzione alla mancanza di medici di medicina generale potrebbe essere la proposta di un’altra forma contrattuale o di una rinnovata organizzazione del lavoro: dipendenti del Sistema Sanitario Nazionale?
Il Ministro della Salute Orazio Schillaci sta pensando seriamente ad una riforma che modifichi lo stato delle cose, accogliendo le richieste delle Regioni e delle Asl, per cui i nuovi medici di medicina generale dovrebbero essere dipendenti del SSN, in servizio 38 ore settimanali. Si dichiara invece contrario il maggiore sindacato della categoria, la Fimmg: è tutto ben spiegato in un articolo di Daniela Minerva per la Repubblica.
E sono soprattutto sommersi dalla burocrazia, che devono sbrigare ovviamente senza compensi. Ognuno si trova quotidianamente a gestire una complessa rete di piattaforme informatiche – tra il Servizio Sanitario Nazionale e il Servizio Sanitario Regionale – che spesso non dialogano tra loro, costringendo i medici a svolgere compiti che vanno ben oltre la professione. La legge richiede che molti di questi compiti amministrativi siano eseguiti esclusivamente dal medico, utilizzando le proprie credenziali, senza possibilità di delega a segretari o collaboratori. Tempo prezioso sottratto alle quotidiane attività cliniche, mentre sono chiamati a coprire anche una vasta gamma di responsabilità, tra adempimenti amministrativi, ambulatorio, visite domiciliari e reperibilità telefonica. Si dovrebbe immaginare una semplificazione di questi processi, per consentire ai medici di concentrarsi sull’assistenza sanitaria e migliorare le prestazioni.
L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Covid-19 ha certamente portato all’attenzione pubblica l’importanza strategica di un’assistenza territoriale valida.
Per questo sono state previste – con i fondi del PNRR, Missione 6-Salute – 100 ristrutturazioni e 33 nuove costruzioni su tutto il territorio regionale per l’attivazione di 169 case della comunità, 45 ospedali di comunità e 58 centrali operative territoriali: totale, 380.478.430 euro. Ma come funzioneranno senza medici? In base alla convenzione stipulata con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), gli studi medici devono rimanere aperti per un numero di ore proporzionale al numero di pazienti assistiti, il che incide direttamente sulla loro retribuzione. Tuttavia, se queste regole dovessero essere applicate in maniera rigida, le strutture di assistenza residenziale previste, come le case di comunità, rischierebbero di restare vuote e inutilizzate, privando così gli abitanti, sui territori, di un servizio essenziale.
In Campania ad esempio ci si muove con affanno per provare a colmare in maniera efficiente un divario lungo almeno dieci anni: attualmente gli ambiti territoriali vacanti di assistenza primaria possono essere coperti da chi segue il Corso di Formazione in Medicina Generale – della durata di tre anni – e si diploma, avendo accesso ad una corsia preferenziale, poi esiste ancora una riserva di medici equipollenti. Negli anni, conseguito il diploma, è necessario acquisire punteggio, lavorando. Le assegnazioni fatte nello specifico dalla Regione Campania non sono mai state in sincronia con l’anno in corso, per due motivi: mutue sovradimensionate rispetto al numero di abitanti e mancanza di una programmazione territoriale anagrafica dei medici.
Restano scoperte le aree interne, i comuni più periferici e marginali sono ormai deserti sanitari, a tutti gli effetti e in tutta Italia.