a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Una nostra associata ci scrive chiedendo chiarimenti in merito agli obblighi di formazione del datore di lavoro a seguito della recente modifica del TU in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro.
Nota
È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 20 dicembre 2021 la L. 17 dicembre 2021, n. 215 di conversione in legge con modificazioni del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146 recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili (il c.d. Decreto fisco e lavoro), entrato in vigore il 21 dicembre 2021.
Il legislatore in sede di conversione è intervenuto in definitiva su ben 14 articoli (artt. 7, 8, 13, 14, 18, 19, 26, 37, 51, 52, 55, 56, 79 e 99) del D. Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza sul Lavoro), di cui viene integralmente sostituito anche l’Allegato I, con l’obiettivo di innalzare il livello complessivo delle tutele di prevenzione sulla sicurezza del lavoro.
L’ampiezza dell’intervento normativo è tale da intenderla come una “miniriforma” del Testo Unico, con riferimento prevalente al Titolo I.
Focus
In particolare è di rilievo evidenziare una particolare novità che comporta modifiche al Testo Unico sulla Sicurezza del lavoro (L. n. 81/2008): l’obbligo di formazione anche per il datore di lavoro.
Si tratta di un’assoluta novità in quanto la competenza del datore di lavoro era presunta per legge, tanto che questi si doveva occupare dell’organizzazione dei corsi di formazione per la sicurezza di tutti i suoi lavoratori, non dovendo adempiere egli stesso ad un obbligo specifico, cui, oggi, la legge in esame gli impone di fare. Spesso l’organo apicale si occupa degli aspetti economici-finanziari e può avere una conoscenza parziale del processo produttivo tanto da non consentire, almeno a volte, una valutazione esaustiva dei rischi ad essa connessi. In tutti questi casi si opta per l’affiancamento di un consulente specializzato.
Porre, ad esempio, questa ultima scelta quale obbligo giuridico, almeno per le società di medie e grandi dimensioni, non è stata la scelta adottata dal legislatore che, invece, ha previsto un obbligo formativo generalizzato anche per il datore di lavoro, stabilendo quanto segue (art. 37, commi 7 e 7bis D.Lgs 81/08):“7. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo. 7-bis. La formazione di cui al comma 7 può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici di cui all’articolo 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori.”
Sanzione penale
La violazione di quest’obbligo, che grava sul datore di lavoro, è punita dall’articolo 55 TUS con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro.
Lo scopo della riforma è evidentemente quello di agevolare il datore di lavoro nella valutazione dei rischi, rendendolo più competente, attraverso corsi mirati ad acquisire una migliore consapevolezza dei rischi produttivi e di conseguenza scegliere le misure di prevenzione.
Non mancano, nella riforma, alcuni dubbi.
Poichè in giurisprudenza non vi è assoluta uniformità circa l’individuazione del “datore di lavoro”.
Infatti, secondo una teoria, sono da considerare “datore di lavoro” tutti gli appartenenti all’organo collegiale e, dunque, destinatari degli obblighi antinfortunistici sarebbero tutti i membri del CDA, che, pertanto, dovrebbero partecipare ai corsi periodici per assolvere l’obbligo di formazione normativa.
Altro orientamento, invece, ritiene corretta l’individuazione di un membro del CDA quale datore di lavoro, ai fini dell’applicazione delle norme antifortunistiche. Con il che, l’obbligo formativo ricadrebbe soltanto su questo soggetto.
Il rischio, insomma, è quello della disomogeneità applicativa, a partire dagli organi accertatori che, aderendo all’uno piuttosto che all’altro orientamento giurisprudenziale, possono sanzionare diversamente le aziende.
La violazione dell’obbligo formativo, infine, oltre che costituire illecito penale a sè stante può teoricamente rilevare ai fini della colpa (e del risarcimento) in caso di infortunio.
La mancata partecipazione ai corsi formativi potrebbe costituire, infatti, il motivo di una non corretta valutazione del rischio e, di conseguenza, della mancata predisposizione delle adeguate misure di prevenzione.
Applicazione pratica della norma
In relazione alla formazione, di rilievo appaiono le modifiche apportate ai commi 2 e 7 dell’art. 37 del D. Lgs. n. 81/2008 nei quali si prevede espressamente che entro il 30 giugno 2022 la Conferenza permanente Stato-Regioni adotterà un Accordo nel quale verranno accorpati, rivisitati e modificati, gli accordi attuativi del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro in materia di formazione in modo da garantire da una parte la facile e pronta individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro, dall’altra la puntuale
specificazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i lavoratori di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa. Altro profilo di importante novità sul tema è quello che riguarda la formazione adeguata e specifica dei datori di lavoro (già prevista per i dirigenti e i preposti) che diventa obbligatoria con aggiornamento periodico, in funzione del lavoro e dei compiti svolti, in materia di salute e sicurezza, così come stabilito nell’Accordo adottato in Conferenza Stato-Regioni. Questa novità va ad incidere sul comma 7 dell’articolo 37 del Testo Unico sulla sicurezza che stabilisce che oltre ai dirigenti e ai preposti, anche i datori di lavoro dovranno ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico su salute e sicurezza.
In merito all’addestramento, quest’ultimo potrebbe consistere in una prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale oltreché nella esercitazione applicata nel caso di procedure di lavoro in sicurezza, con la previsione espressa dell’obbligo di tracciare in apposito registro (anche informatizzato) gli interventi di addestramento effettuati.
Riflessione conclusiva
Non ponendo in dubbio la necessità di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, le nuove disposizioni hanno il limite di non tenere nella giusta considerazione le differenti caratteristiche e i differenti profili di rischio delle diverse realtà aziendali, la sanzione prevista è una ed eguale per tutti, senza alcuna distinzione per la pericolosità o meno dell’attività.
Sarebbe utile intervenire mediante una interlocuzione istituzionale finalizzata a formalizzare i chiarimenti necessari a rendere l’applicazione normativa omogenea ed efficace e chiara l’individuazione dei soggetti contemplati dal testo licenziato dal Parlamento.