Le strutture private hanno diritto al pagamento di un tasso d’interesse più alto in caso di ritardo della PA

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

Importante il principio elaborato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sull’argomento del pagamento di un interesse più alto nel caso in cui la Pubblica Amministrazione ritardi i versamenti.

Il principio riguarda il caso delle strutture private convenzionate rispetto a ritardati pagamenti dei corrispettivi dovuti dalla Pubblica Amministrazione. Nel caso de quo si applica l’articolo 5 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali) che prevede interessi legali di mora ad un tasso più alto rispetto a quello previsto dall’articolo 1284 del codice civile.

L’art. 2 del decreto definisce quale imprenditore “ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione” e come transazione commerciale “i contratti tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo”.

Dunque, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 35092 del 2023, annullando la decisione della Corte territoriale di Napoli che aveva rigettato la domanda di un centro diagnostico fisioterapico nei confronti della ASL, hanno statuito la condanna al pagamento della somma di euro 1.532.595,53 oltre ulteriori interessi moratori dal 2007 – calcolati a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 231/2002 – per il ritardo nel pagamento di prestazioni erogate in favore degli assistiti del SSN.  

La Corte di Appello, diversamente, aveva invocato il principio di diritto secondo il quale “il tasso di interesse di cui all’articolo 5 del d.lgs. n. 231 del 2002 non è applicabile ai crediti derivanti dall’erogazione dell’assistenza farmaceutica per conto delle ASL, dal momento che l’attività di dispensazione dei farmaci e dei dispositivi medici, svolta dal farmacista in esecuzione del rapporto concessorio con l’azienda sanitaria locale, essendo intesa a realizzare l’interesse pubblico della tutela della salute collettiva, ha natura pubblicistica” (Cass. sentenze n. 5042/2017 e n. 9991/2019), ritenendolo applicabile al caso di specie.

Invero la Suprema Corte ha confermato l’orientamento secondo cui le prestazioni sanitarie erogate, in favore dei fruitori del SSN, da strutture private convenzionate, rientrino nell’ambito della nozione di “transazione commerciale”, come previsto dal summenzionato art. 5, con la conseguenza che queste ultime hanno diritto, in caso di ritardo nei pagamenti dalla PA, che gli siano corrisposti gli interessi di mora, nella misura prevista dal d.lgs. n. 231 del 2002.   

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