a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Dopo un percorso giudiziario piuttosto complesso, il TAR del Lazio con numerosi provvedimenti, ha annullato il nuovo tariffario per l’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rilevando gravi carenze istruttorie, mancata rilevazione aggiornata dei costi e assenza di confronto con le parti sociali.
Alla fine del 2024, il Ministero della Salute aveva introdotto un nuovo decreto per aggiornare il nomenclatore tariffario. Le associazioni dei centri privati accreditati avevano presentato numerosi ricorsi, sostenendo che le nuove tariffe non tenessero conto dell’aumento dei costi e fossero il risultato di un’istruttoria lacunosa.
Inizialmente, il TAR del Lazio aveva accolto una richiesta di sospensione cautelare del decreto a fine 2024, ritenendo presenti profili di danno dovuti all’inadeguatezza delle tariffe rispetto ai costi reali. Tuttavia, questa sospensione cautelare è stata successivamente rigettata.
La decisione nel merito è arrivata nei giorni scorsi con l’annullamento del tariffario
Nelle motivazioni principali delle univoche decisioni del TAR Lazio risiede la mancanza di una corretta e aggiornata istruttoria, in quanto il Ministero della Salute – che ha redatto il tariffario in concerto con il Ministero dell’Economia – avrebbe ignorato alcuni passaggi fondamentali previsti dalla legge. Le tariffe, infatti, sarebbero state elaborate confrontando valori già esistenti nei tariffari regionali e non i reali costi sostenuti dalle strutture private accreditate, senza alcun tipo di aggiornamento.
Altra censura rilevata dal tribunale amministrativo è stata la mancata presa di cognizione dei dati elaborati ed espressi da Agenas che aveva evidenziato proprio l’assenza di una ricognizione aggiornata dei costi e suggerito un cambio di metodo. Dunque, l’amministrazione avrebbe dovuto spiegare perché ha deciso di non seguire quelle indicazioni, motivando, dettagliatamente.
In base alle sentenze, il nuovo tariffario non garantisce l’equa remunerazione delle prestazioni, in particolare per le strutture medio-piccole. Diverse associazioni – ACOP in prima linea – e sindacati hanno denunciato l’impossibilità di coprire i costi vivi delle prestazioni, aggravati dall’aumento dei costi energetici, del personale e dei materiali sanitari. Per molte realtà, il rischio concreto è quello di operare in perdita o di dover uscire dal sistema di accreditamento.
Il Tar ha inoltre rilevato una grave carenza di confronto con le parti sociali, nonostante la grande richiesta di queste di essere audite.
Inoltre il Ministero della Salute ha fatto riferimento a dati di costo risalenti al 2016-2017, ignorando del tutto l’aumento dell’inflazione e d conseguenza dei costi negli ultimi anni, soprattutto dalla pandemia ad oggi.
Tuttavia, al fine di non creare buchi non immediatamente colmabili e non creare disagi e disordine, i giudici hanno scelto di non far decadere subito il decreto e di tenere in piedi il nuovo tariffario per un anno, cioè di rendere efficace l’annullamento dello stesso dopo 365 giorni. Se l’annullamento avesse avuto efficacia immediata, si sarebbe creata una situazione di incertezza normativa, con potenziali effetti a catena su bilanci regionali, contratti con le strutture accreditate e continuità assistenziale.
Nel frattempo i Ministeri avranno tutto il tempo di predisporre un nuovo e più equo tariffario, sentendo le parti sociali ed ispirandolo a criteri oggettivi, aggiornati e rispettosi delle regole di trasparenza, partecipazione e proporzionalità.