a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Fa discutere, ma rappresenta un “quid novi”, la sentenza con la quale la Corte Suprema ha annullato con rinvio ad altra sezione, la decisione della Corte di Appello di Milano che, in un caso di richiesta di risarcimento del danno patrimoniale relativo alle spese di cura sostenute dalla vittima di un sinistro stradale in una struttura sanitaria privata, aveva negato il maggior esborso.
Si tratta della sentenza n. 29308 del 23 ottobre 2023.
Si torna sul tema della integrale risarcibilità del costo delle prestazioni terapeutiche e riabilitative fruite per la scelta personale del paziente di curarsi presso alcune strutture private, in quanto il giudice di merito aveva limitato il risarcimento al minor esborso che la vittima del sinistro stradale avrebbe affrontato se si fosse rivolto alle strutture pubbliche. Secondo la sentenza impugnata, i maggiori costi, sostenuti nel rivolgersi alla sanità privata, non dovevano esser fatti ricadere sulla compagnia assicurativa del responsabile del sinistro, poiché su questa maggior somma si applica l’art. 1227 del codice civile sul concorso di colpa: “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”.
La Corte di Cassazione annulla la sentenza e rileva l’inesistenza di un obbligo del danneggiato di rivolgersi al servizio sanitario nazionale anziché a strutture private, affermando che la scelta di affidarsi alle cure private “non può automaticamente essere considerata ragione di applicazione a carico del danneggiato” dell’articolo 1227 del codice civile.
La Corte si era già espressa in termini favorevoli alla risarcibilità nel 2019 e nel 2021e addirittura nel 2015 aveva riconosciuto le spese sostenute all’estero.
In sostanza viene meno l’automatismo con cui il giudice di merito applichi il principio del concorso di colpa del danneggiato, non riconoscendo le maggiori spese a cui questi si è esposto evitando di rivolgersi al servizio pubblico. Tale posizione lascia, pertanto, aperta, per il giudice del rinvio, la possibilità di una diversa valutazione della effettiva necessità di quelle cure private, ai fini di una eventuale valorizzazione in concreto e non in modo automatico, del concorso di colpa.
E’ interessante rilevare che la Corte abbia fatto ricorso all’art. 1227 del codice civile in luogo di altre correlazioni, come avvenuto in altri casi con l’art. 334 del codice delle assicurazioni che si riporta: “Sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti si applica un contributo, sostitutivo delle azioni spettanti alle Regioni e agli altri enti che erogano prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, nei confronti dell’impresa di assicurazione, del responsabile del sinistro o dell’impresa designata, per il rimborso delle prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.
2. Il contributo si applica, con aliquota del 10,5%, sui premi incassati e deve essere distintamente indicato in polizza e nelle quietanze. L’impresa di assicurazione ha diritto di rivalersi nei confronti del contraente per l’importo del contributo”.
3. Per l’individuazione e la denuncia dei premi soggetti al contributo, per la riscossione e per le relative sanzioni si applica la legge 29 ottobre 1961, n. 1216, e successive modificazioni”.
Questa previsione sembra presupporre che colui che abbia subito lesioni fisiche, in caso di sinistro stradale, debba rivolgersi, almeno nella normalità dei casi, al sistema pubblico. Altrimenti, immaginando che tutti i danneggiati si vogliano affidare a cure private, il contributo di cui parla la norma, posta a carico dei contraenti, responsabili del sinistro, perderebbe di utilità. Ciò non vuol dire che il ricorso alla sanità privata sia vietato ma che lo stesso sia possibile, solo se indispensabile a fornire al danneggiato idonee e tempestive cure, a fronte dell’inadeguatezza della risposta pubblica.
Tali considerazioni meritano una riflessione più approfondita anche per stabilire il riparto degli oneri probatori.
Certamente la sentenza della Corte Suprema merita un approfondimento e andrà seguita la linea che terrà il giudice di rinvio.