A cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Il Sistema Sanitario Nazionale è storicamente concepito come pubblico.
Anni e anni di storia, di diritti costituzionalmente garantiti, non possono essere cancellati, neanche da una pandemia.
Chi lo fa si macchia di un grande reato: attentato alla Costituzione!
I nostri padri, ed in questo caso, una delle nostre madri, costituenti hanno faticato tanto per mettere a punto un sistema inattaccabile.
Non sarà superfluo ricordare che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Sulla base di questo principio irrinunciabile, immodificabile, sui cui è fondato il nostro sistema sanitario, la pandemia ci avrebbe travolti irrimediabilmente.
Ma le soluzioni della ripresa non vanno ricercate fuori casa, o drammatizzando, come si è letto in questi giorni, volendo gestire il problema dei pronto soccorso con le scritte sulle porte di ingresso degli ospedali: “qui si accettano tutte le carte di credito”, oppure “si accetta pagamento con pos”.
La verità è che il pericolo non è costituito affatto dal settore privato, come in alcune circostanze e da alcuni è stato detto. Tutt’altro, è proprio dal settore privato convenzionato che può arrivare l’aiuto, l’aiuto per un sistema in “codice rosso”.
Prima del nuovo governo si discuteva, ora è necessario disciplinare l’adeguamento e l’aggiornamento dei tetti di spesa, come in piccola parte si vuole fare, insieme a quello dei tariffari, ma con un aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza,soprattutto nella loro capacità di essere distribuiti e messi a disposizione su tutto il territorio nazionale.
Il diritto alla salute che è un diritto che tutti riconoscono deve passare attraverso l’integrazione tra pubblico e privato. Al cittadino non può e non deve interessare chi lo cura: ospedale, ASL di competenza, altra ASL o struttura privata; al cittadino deve interessare avere il miglior servizio e come la legge prevede, nel luogo in cui ritenga essere curato nel miglior modo.
Può esistere una via di mezzo fra l’eliminazione totale dei tetti di spesa e stabilire un limite talmente basso, che a metà anno questo sia esaurito, creando una vera scriminante nei diritti del malato, il quale non si vedrebbe assicurato il suo diritto di curarsi, nella seconda parte dell’anno, a causa dell’esaurimento dei tetti di spesa e sarebbe, perciò, costretto a migrare per curarsi lontano da casa.
Pertanto, anziché, demonizzare, la sanità privata convenzionata, è da questa che si deve attingere per compensare le carenze della sanità pubblica. Ampi margini di collaborazione si devono auspicare per l’assorbimento delle liste di attesa, in particolare nel campo della diagnostica.
Le diseguaglianze denunciate fra Nord e Sud non si risolvono criticando, ma attuando una programmazione nazionale e regionale capillare. Lo stanno dimostrando anche le regioni commissariate, nella quali il Presidente assume la delega alla sanità.
Dunque la discussione fra pubblico e privato è viziata da preconcetti ideologici. La natura pubblica del SSN non si modifica se a fornire le prestazioni sono anche imprese private con o senza scopo di lucro.
La natura non cambia perché i livelli essenziali di assistenza, erogabili da strutture pubbliche o private convenzionate, a carico della fiscalità generale sono stabiliti dallo Stato, che diventa garante e terzo.
La temuta privatizzazione della sanità esisterebbe se gli operatori economici: famiglie e imprese potessero scegliere nel mercato quali livelli di assistenza coprire con contratti assicurativi. Ma questo non accade nel sistema italiano e non può accadere. Anzi con l’accreditamento dei privati controllato dallo Stato e quindi normato, la base del sistema di qualità del servizio è garantita, così come lo sono i requisiti professionali, tecnologici ed organizzativi.
Da una approfondita analisi economica si desume che se le strutture accreditate fossero soltanto pubbliche sarebbero autoreferenziali. Invece è necessario che siano messe in competizione con quelle private accreditate per raggiungere più alti livelli di qualità.
Applicare standard nazionali a piccole e medie realtà genera soltanto costi fissi che non saranno mai coperti da produzione sufficiente.
Serve, dunque, una stringente pianificazione sanitaria, sia nazionale che regionale con il controllo di garanzia e di qualità da parte dello Stato.