La categoria “speciale” in ambito sanitario

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

Quando l’ordinamento giuridico si riferisce ad una “categoria speciale”, con questa definizione intende una elevata professionalità, cui sono riservati determinati incarichi apicali nell’organizzazione statale.

L’importanza della categoria è garanzia implicita del possesso di un notevole grado di professionalità.

Il rapporto di pubblico impiego è definito dunque “rapporto speciale”, la cui giustificazione è condivisibile quando ai pubblici dipendenti siano attribuite funzioni pubbliche, con la conseguenza che in vista di tali funzioni è necessario assicurare l’imparzialità dell’amministrazione, così come afferma l’art. 97, secondo comma, della Costituzione.

Sono categorie speciali, ad esempio: i magistrati, i docenti universitari, ma la scienza ed, in particolare, la scienza medica assume un ruolo di centralità che si potrebbe definire superiore fra i valori tutelati dalla Costituzione, poiché il nostro ordinamento riconosce la necessità di fornire adeguate tutele e garanzie alla ricerca scientifica, che si rafforza in quanto la libertà di ricerca scientifica risulta spesso strumentale all’esercizio di un diritto fondamentale come quello alla salute, tutelato dall’art. 32 della Costituzione, che ha in sé un valore universalistico.

L’ambito sanitario, rispetto agli altri rapporti pubblici rappresenta un genere a se stante, perché dominato da un quadro normativo complesso, che presenta non pochi profili di specialità, sia per la qualificazione delle Aziende sanitarie locali come aziende in possesso, da un lato, della personalità giuridica di diritto pubblico e, dall’altro, di una vera e propria autonomia imprenditoriale.

Gli operatori sanitari agiscono sul terreno dei diritti sociali costituzionalmente garantiti che richiedono azioni positive da parte dei pubblici poteri per la loro effettiva soddisfazione, in favore di una collettività che non si limita ai cittadini italiani, ma a tutta la collettività presente sul territorio.

La disciplina giuridica della dirigenza del comparto sanitario si trova nel D.lgs. n. 165 del 2001 (T.U. sul pubblico impiego), che ha esteso le norme di diritto privato ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

La dirigenza sanitaria, secondo quanto prevede l’art. 15 del D.lgs 502/1992: “è collocata in un unico ruolo, distinto per profili professionali e in un unico livello, articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali”.

Nell’organizzazione sanitaria vige una distinzione fra attività di indirizzo e attività gestionale che dipende dai rapporti fra governo regionale e direzione delle aziende sanitarie e si basa sul raggiungimento degli obiettivi di salute individuati dalla Regione e posti in essere dall’azienda sanitaria.

I dirigenti medici svolgono un’attività professionale alla quale deve affiancarsi un incarico gestionale in senso proprio. Quando il medico è dirigente, la qualifica dirigenziale è connessa alla sua professionalità. Pertanto, tutti i medici, dipendenti delle aziende sanitarie, sono inquadrati come dirigenti a prescindere dallo svolgimento di incarichi direzionali di strutture.

Si comprende che la sfera delle responsabilità imputabili al dirigente medico si allarga da quella disciplinare a quella dirigenziale, di altro tipo, perché basata sul raggiungimento dei risultati dettati dagli enti pubblici e rappresenta un ulteriore profilo per il dirigente del comparto sanitario, il quale può essere chiamato a rispondere. Si tratta di una tipologia di responsabilità che attiene ai risultati complessivamente prodotti dall’organizzazione cui il dirigente è preposto.

La complessità di questa categoria si rileva anche rispetto alle attribuzioni giurisdizionali, dal momento che l’eventuale materia del contendere è divisa fra il Giudice civile, il Giudice del lavoro, in particolare e il giudice amministrativo.

Pertanto, riguardo al conferimento degli incarichi e al mancato rispetto delle procedure si deve agire in campo giurisdizionale civile (diritto del lavoro), mentre quando vengono in rilevo provvedimenti amministrativi incidenti sulla stessa struttura organizzativa dell’azienda – cosiddetti provvedimenti di macro-organizzazione – che siano tali da ledere le posizioni soggettive dell’interessato, l’impugnazione del provvedimento avverrà dinanzi al Giudice Amministrativo.

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