A cura dell’Avv. Maria Antonella Mascaro
La pandemia ha aumentato la necessità di incrementare le competenze e le tecnologie digitali, in particolar modo nel mondo sanitario.
Si è già parlato ampiamente della telemedicina e del fascicolo sanitario elettronico: due nuovi mondi, assolutamente complementari.
Per far fronte a queste esigenze di miglioramento ed ottimizzazione della digitalizzazione è fondamentale garantire un accesso adeguato ai dati dei pazienti e proteggerli. Si deve farlo, però, rendendo i dati comunque utilizzabili dalla comunità scientifica nell’interesse collettivo, sia per attuare la governance di sistema, cioè la programmazione dei servizi sanitari al meglio attingendo i dati dalla realtà di tutti i giorni, sia per motivi di ricerca.
L’uso del digitale deve essere facilmente accessibile per i sanitari nei confronti del singolo paziente per poterlo assistere al meglio, ma anche da parte del paziente stesso che dovrà essere in grado di poter agilmente accedere ai suoi dati sanitari, onde volerli trasferire a specialisti o altri soggetti che riterrà, per sua volontà, di rendere edotti.
Dunque, condividere i dati, dati sempre in continuo cambiamento, è una priorità.
Questa è una sfida molto importante, rispetto alla quale in Italia si è ancora un po’ arretrati. Un altro elemento importante è quello della tariffazione dei servizi di telemedicina. Le Regioni devono poter rimborsare i prestatori di opera e non sono previste delle tariffe specifiche per la telemedicina.
Oggi viene semplicemente riportata la tariffa della omologa prestazione in presenza. Una televisita cardiologica vien pagata quanto quella in presenza. Questa modalità è stata utilissima durante la pandemia, indispensabile, per accelerare la rapida messa a sistema di servizi in telemedicina per fare fronte all’emergenza nazionale, ma deve essere riconsiderata, ripensata.
Peraltro, se si sposta l’asse dal territorio locale a quello regionale, poi a quello nazionale e per finire a quello internazionale i problemi si ingigantiscono.
Nel sistema comune i dati sanitari dei cittadini UE potranno essere condivisi a più livelli. Da quello intuitivo del medico di un Paese europeo che ha in cura un malato che risiede in un altro Paese a quello della ricerca e della valutazione statistica dei dati. Lo spazio dei dati sanitari, insomma, consentirà di accedere facilmente alle cartelle dei pazienti, ai loro dati anamnestici e a tutte le informazioni per la cura e la ricerca del paziente sul territorio UE. Si pone, a questo punto, però un problema non soltanto di gestione dei dati, ma soprattutto di controllo del corretto uso.
La tecnologia è fondamentale, anche in campo sanitario, tuttavia bisogna saperla utilizzare e applicare, specie quando si incontra con l’utilizzo di dati personali.
Se da un lato, è certo che i dati sanitari sono dati sensibili, ai sensi del Regolamento Europeo, dall’altro è altrettanto certo che il loro utilizzo e scambio costituisce un vantaggio sia per l’utilizzatore sia per il titolare di questi dati.
Il paziente, da un lato, avrà la certezza che, pur trovandosi al cospetto di un sanitario di un Paese UE, diverso dal proprio, in cui ha necessità ad esempio di una terapia d’urgenza, sarà sottoposto alle cure idonee che tengono conto della sua storia clinica, dall’altro deve avere la certezza che non venga fatto un uso distorto dei suoi dati.
Ad ogni modo, il novero dei dati sanitari da mettere a sistema dovrebbe essere il più ampio possibile. Da ciò deriva che l’aspetto più importante ai fini della tutela della diffusione di dati sensibili è proprio la modalità e le regole del trattamento e dell’accesso. Se da un lato, non è possibile che l’accesso sia consentito soltanto al titolare dei dati, dal momento che questi come paziente potrebbe trovarsi nell’impossibilità di fornire le credenziali di accesso, ad esempio perché incosciente, dall’altro, però, il trattamento dovrebbe poter garantire l’oscuramento di quei dati che potrebbero, se comunicati senza autorizzazione, nuocere alla tutela della privacy del titolare. Ma sembra poco attuabile una forma di autorizzazione a richiesta per ogni singolo accesso. La tutela della privacy andrebbe a svantaggio dell’urgenza dell’intervento.
Il pericolo si insinua, ad esempio quando, grazie a dispositivi digitali che possono essere collocati nel luogo dove vive il paziente, addosso al paziente o dentro il corpo del paziente, dai quali si può ricavare una quantità di informazioni.
Questi dati, proprio per le caratteristiche dei sistemi digitali di telecomunicazione, possono essere integrati tra di loro e gestiti in piattaforme condivise online. La medicina personalizzata permette di effettuare una diagnosi molto più precisa, accurata e di calibrare la terapia più adeguata, persona per persona, analizzando proprio il funzionamento del corpo di quel singolo individuo.
Appare, dunque, necessario formulare un protocollo con la partecipazione del Garante e degli operatori sanitari, per arricchire il regolamento europeo o creare una sorta di appendice, utile a non incorrere in errori riguardo una impropria e scorretta divulgazione di dati sensibili.