Delitto di riciclaggio e frode informatica

Una importante precisazione in tema di riciclaggio proviene da una pronuncia della Corte Suprema in merito alla configurabilità del reato di riciclaggio.

Perché sussista questo reato nel suo elemento materiale sono necessarie due condizioni fondamentali: la prima riguarda il fatto che il provento “illecito” derivi da un altro reato, la seconda che venga ostacolata la provenienza delittuosa del bene o dei beni provento di altro delitto, cioè il compimento di un’azione tesa a nascondere la provenienza delittuosa del bene, da parte di chi non lo ha consumato.

Il caso

La Corte territoriale aveva confermato la condanna dell’imputato per il reato di tentato riciclaggio, avendo, il medesimo, compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco, a “ripulire” denaro proveniente dai delitti, di cui agli artt. 615 ter e 640 ter cod. pen. (accesso abusivo ad un sistema informatico e frode informatica), mettendo a disposizione il proprio conto corrente al fine di riscuotere il pagamento di fatture emesse, previa fraudolenta manipolazione delle comunicazioni telematiche tra due aziende.

La difesa ha evidenziato come non fosse configurabile il delitto di riciclaggio nel caso de quo, in quanto il delitto presupposto, cioè la frode informatica, era rimasta nell’alveo del tentativo. Anche la qualificazione giuridica della condotta era, a sua volta errata, in quanto la “messa a disposizione” del conto corrente integrava, al più, il concorso nel reato di frode informatica e non quello di riciclaggio.

La corte di Cassazione

Con la sentenza n. 3131/2024 (Cass. Pen. Sez. II) la Suprema Corte precisa che in merito alla configurabilità del delitto di riciclaggio devono sussistere due elementi indispensabili: il “provento di un (altro) delitto”, ed un’azione tesa a nascondere la provenienza delittuosa del bene, da parte di chi non lo ha consumato.

Dunque, deve ritenersi che il delitto del riciclaggio non può mai configurarsi come tentativo ed è inesistente, laddove non abbia prodotto alcun provento.

Nel caso in esame all’imputato non poteva essere attribuito il dolo specifico del reato in oggetto, non essendo riuscito nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà e perché l’operazione illecita veniva scoperta dalla persona offesa, pur avendo messo a disposizione il proprio conto corrente, che ignoti, avevano indicato alla società da frodare, per il pagamento delle forniture.

Dunque sono assenti i requisiti per configurare il riciclaggio, poiché il delitto presupposto, è la frode informatica che non ha prodotto alcun provento “riciclabile”, in quanto rimasta nell’ambito del delitto tentato e non consumato.

Da parte sua l’imputato aveva, unicamente, fornito i dati del conto corrente su cui versare i proventi dell’azione delittuosa della frode informatica, mai portata a termine.

Pertanto la sentenza di condanna è stata annullata e l’imputato assolto.

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