A cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Giunge un quesito che ci invita a chiarire i termini del rapporto fra deficit sanitario regionale e limitazioni ai nuovi accreditamenti e la legittimità delle decisioni della PA di non accreditare enti in possesso di tutti i requisiti in assenza di aggiornati tetti di bilancio.
Il piano di rientro dal deficit sanitario non può essere addotto quale fattore impeditivo di nuovi accreditamenti, in quanto esso – pur nel rispetto delle linee programmate di spesa – non preclude affatto ab origine ai nuovi enti accreditati di poter accedere alla successiva fase della contrattualizzazione.
Il Consiglio di Stato (sentenza n. 8164/2021), adito per la riforma della sentenza del Tar Molise, sez. I, n. 296/2020, si è in questi termini soffermato sul delicato tema della spesa sanitaria, in riferimento ai soggetti accreditati, quando in particolare sia operativo un piano di rientro dal deficit.
La P.A., fermi i tetti di spesa definiti per l’anno in corso o per la proroga dei tetti dell’anno precedente, ben può valutare di ridimensionare le prestazioni delle strutture già convenzionate per consentire l’accesso alle nuove già accreditate, come può considerare altre misure idonee ad evitare, di fatto, la chiusura del settore all’ingresso di nuovi operatori.
Il D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 502 dispone che le “strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all’art. 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell’ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento” (art. 8-sexies, comma 1); le Regioni stabiliscono i “criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo di attività e del concorso allo stesso da parte di ciascuna struttura” (art. 8-quinquies, comma 1, lett. d).
E’, dunque, cruciale l’attività di programmazione delle singole Regioni tesa a garantire la corretta gestione delle risorse disponibili.
Il rispetto del tetto di spesa in materia sanitaria rappresenta un vincolo ineludibile sulla cui base si è ritenuta giustificata l’esclusione della remunerazione delle prestazioni extra budget e dell’accreditamento di nuove strutture che ne abbiano i requisiti.
Tale assunto è stato giustificato dal fatto che si annette alla programmazione un ampio margine di discrezionalità, tipico dell’azione amministrativa, nel cui ambito però la PA deve sempre contemperare l’esigenza del risparmio con quella della garanzia della salute e delle richieste di cure efficienti e tempestive dei cittadini nonché il principio di concorrenza.
Inoltre, spesso, la mancata programmazione della spesa, specie in quelle realtà locali commissariate o in cui esiste un piano di rientro del deficit della spesa sanitaria, viene addotta a giustificazione del mancato accreditamento di nuove strutture.
Quindi, l’atto determinativo dei tetti di spesa, che tra l’altro si colloca per sua natura in un momento successivo all’inizio dell’erogazione del servizio, rischia così di incidere, da un lato, sulla effettiva programmabilità delle prestazioni per gli enti accreditati e, dall’altro, per gli enti non accreditati, di comprimere una legittima aspettativa, connessa al rispetto del diritto di impresa e di libera concorrenza nel settore.
In questo contesto, si colloca la pronuncia del Consiglio di Stato che definisce importanti elementi di principio proprio in materia di programmazione e accreditamento.
Il Consiglio di Stato afferma, infatti, che: “pur in assenza di aggiornati tetti di bilancio e ferma l’osservanza degli stessi, l’Amministrazione potrà e dovrà, nel rispetto dei principi di derivazione comunitaria pocanzi citati, ridimensionare le prestazioni riconosciute alle strutture già convenzionate, garantendo in tal modo l’accesso anche a strutture neo-accreditate”. E’, per l’appunto, “illegittima la scelta perpetuata negli anni dalla P.A. di prorogare gli accordi contrattuali con le strutture che siano già convenzionate, impendendo di fatto la contrattualizzazione di altri soggetti”.
Difatti, “la circostanza ostativa riferita alla mancata riprogrammazione dei tetti di spesa appare ancor più inconsistente in quanto derivante da condotte imputabili alla stessa amministrazione (il Commissario ad acta) chiamata ad esaminare le istanze di contrattualizzazione”.
In sintesi, vengono limitati i poteri della P.A. a fronte di un piano di rientro dal deficit sanitario, precisando come lo stesso non sia, ex se, sufficiente a giustificare l’esclusione di nuove strutture dal regime della contrattualizzazione conseguente all’accreditamento, dovendo la P.A., pur nel rispetto dei tetti di spesa, valutare l’opportunità di ridimensionare le prestazioni a favore dei soggetti già accreditati per consentire l’accesso al mercato di nuovi soggetti.