Tumore dell’utero. Il rischio di morte si riduce 

Il tumore della cervice dell’utero è una delle cause principali di morte da cancro nelle donne a livello mondiale, ma i progressi scientifici per la cura di questo male hanno dimostrato un allungamento nella sopravvivenza che non andava oltre i tre anni di vita.

I risultati di questo progresso in questo specifico settore oncologico sono stati raggiunti grazie alla sperimentazione del doppio trattamento dell’immunoterapia aggiunta alla chemioradioterapia.

Le rassicurazioni arrivano anche dall’Istituto Humanitas di Milano, principali studiosi in questo campo.

La loro ricerca mostra come la terapia “raddoppiata” abbia fatto sì che oltre l’80% delle pazienti ad alto rischio siano sopravvissute dopo i tre anni. Dunque,l’aggiunta dell’immunoterapia con pembrolizumab alla chemioradioterapia consentirà di portare ad una potenziale guarigione totale sempre un maggior numero di pazienti. 

Ogni anno, in Italia, si stimano circa 2.500 nuove diagnosi di tumore della cervice uterina e per la prima volta in oltre 20 anni in cui non vi sono stati reali progressi, questa combinazione cambia il trend di cura, finora portato avanti somministrando unicamente la chemioradioterapia.

Il tumore della cervice uterina colpisce spesso donne giovani. E’ una neoplasia molto sintomatica e dolorosa, che impedisce una vita sociale. La malattia insorge quasi sempre a causa dell’Hpv, il Papillomavirus, la più frequente infezione sessualmente trasmessa.

La grande politica di prevenzione che avviene da anni e che consente alle ragazze e ai ragazzi la vaccinazione e, dunque, il grosso investimento economico basato sulla prevenzione, dovrebbero consentire e comunque mirano ad eliminare il tumore della cervice uterina e quelli causati dall’Hpv virus entro il 2030.

A ciò si può tendere solo attraverso la prevenzione primaria che avviene attraverso una maggiore e migliore copertura vaccinale contro l’Hpv; una prevenzione secondaria da attuare tramite screening, con pap test e test Hpv e successivamente, in caso di positività accesso ad esami di secondo e terzo livello come la colposcopia e la microcolposcopia ed eventualmente, di seguito, sottoposizione ai trattamenti sperimentati.

Per tutto questo già da anni le regioni, attraverso le Asl, attuano una campagna di screening con informazioni e appuntamenti che spesso vengono recapitati tramite lettere o messaggi sui cellulari, cui il pubblico è pregato di rispondere e aderire, con ampia possibilità di spostare gli appuntamenti.

avv. Maria Antonella Mascaro

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