COMUNICATO 06 NOVEMBRE 2024
ll payback sui dispositivi medici è un meccanismo di politica sanitaria in forza del quale le aziende che forniscono tali dispositivi al servizio sanitario devono concorrere, pro quota, a ripianare parte (tendenzialmente la metà) dello sforamento dei tetti che le Regioni stanziano per tali prodotti.
Con due sentenze (n. 139 e n. 140) pubblicate il 22 luglio 2024, la Corte Costituzionale è intervenuta sul meccanismo del payback sui dispositivi medici, dichiarandone la legittimità costituzionale. La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata, sotto vari profili, dal TAR Lazio dopo che erano pervenuti circa 2.000 ricorsi promossi dalle aziende del settore. Ed invero, con tali pronunce la Corte Costituzionale ha sancito, in sintesi, che il payback debba essere considerato come un “contributo di solidarietà”, necessario a sostenere il SSN in una “generale situazione economico-finanziaria altamente critica che non consente ai bilanci dello Stato e delle Regioni di finanziare, con risorse della collettività, di far fronte in modo esaustivo alle spese richieste” e da considerarsi “proporzionato”. Tuttavia, da più parti arriva l’allarme in quanto il pay back sui dispositivi medici non è compatibile con la sostenibilità economica delle nostre imprese: qualora non fosse immediatamente bloccato gli effetti sarebbero davvero disastrosi, e ciò determinerebbe una minore disponibilità di dispositivi negli ospedali.
Le ricadute negative sono chiare: per le imprese medio piccole è impossibile reperire le risorse da restituire alla Regione, quelle grandi che operano a livello globale cominciano a considerare l’Italia un Paese poco interessante per le forniture, programmando una veloce uscita dal mercato.
Le ripercussioni sul Servizio sanitario nazionale, con il fallimento di molte Pmi e l’uscita dall’Italia dei grandi gruppi globali, peserebbero sulla qualità e la disponibilità di dispositivi medici anche innovativi con evidenti riflessi negativi sulla possibilità di curare pazienti e cittadini.
Si tratta di garantire le risorse al Ssn nel modo giusto ed è ciò che è stato tracciato con la proposta di legge Schlein, che chiede di garantire alla sanità un finanziamento certo pari al 7,5% del PIL, facendo appello al Governo, ai colleghi di opposizione e maggioranza di sostenere la proposta alla quale pare abbiano aderito tutte le forze politiche e di fare tutto il possibile per velocizzare l’iter della proposta.
La proposta è stata accolta positivamente da Fifo Sanità Confcommercio, la Federazione italiana fornitori ospedaliere aderente a Confcommercio; “Ci aspettiamo – commenta la presidente Sveva Belviso – che questa si traduca in un concreto impegno, non solo di richiesta a livello nazionale, ma anche regionale. Il Pd indichi ai propri governatori di avviare i già sollecitati tavoli di confronto con le imprese, al fine di risolvere, anche a livello regionale, le criticità che questa norma sta generando all’industria biomedicale.” “Inoltre, siamo preoccupati – prosegue la Belviso – per la lentezza con cui si sta affrontando una situazione già critica e sollecitiamo nuovamente il Governo per l’istituzione del tavolo di confronto con tutte le associazioni di categoria che, ad oggi, tarda ad arrivare”. “È essenziale che tutte le forze politiche convergano verso una soluzione che salvaguardi le imprese e il Servizio Sanitario Nazionale. Ci auguriamo – conclude la presidente Belviso – che questa proposta non si limiti a essere una mera battaglia politica, ma costituisca l’inizio di un percorso di superamento della norma condiviso dal governo alle opposizioni”.
Si attende, quindi, un intervento tempestivo delle istituzioni con un piano di azioni concrete, non più procastinabile.
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08/07/2025
Una “governance” politica autoreferenziale, che non tiene conto della molteplicità delle piccole imprese in regime di concorrenza (in grande maggioranza italiane), non si rende conto che queste non vivono negli ori e negli agi ma si contendono il mercato a suon di gare pubbliche e di prezzi scannati all’osso, è riuscita a partorire un provvedimento demenziale la cui unica finalità è gettare addosso a terzi esterni al sistema (ovvero le imprese) i costi che sono del sistema stesso, gestiti dal sistema pubblico delle Asl e delle Regioni (alle quali non si chiede invece il minimo “contributo solidaristico” per non aver saputo contenere la spesa).
Chi percepisce 8-10.000 €/mese non riesce a capire che migliaia di imprese vanno avanti con bilanci risicati, pur di mantenere la rotta, tenere il mercato, i dipendenti, gli investimenti effettuati, e provvedimenti di questo genere rischiano seriamente di affossare definitivamente il sistema produttivo italiano del settore, lasciando campo libero alle multinazionali estere, che portano all’estero il grosso dei loro profitti e distribuiscono nel nostro paese prodotti fabbricati all’estero (con ulteriori conseguenze macroeconomiche negative).
Senza parlare del dettato costituzionale, che prevede (art.53) che la spesa pubblica debba venire finanziata dal sistema delle imposte e (secondo comma) questo debba essere improntato a criteri di progressività (non solo proporzionalità, dunque).
Si auspica che, quanto meno, venga approvata una soglia di franchigia sotto la quale esentare le imprese da questo contributo, almeno in modo da tutelare la fascia delle più numerose piccole imprese dei mercati di più ampia concorrenza (quelli nei quali certamente non vi sono extraprofitti di sorta).