COMUNICATO 25 GIUGNO 2025
La responsabilità nell’ambito di un’équipe medica, secondo la giurisprudenza della Cassazione civile, è un tema complesso che richiede di valutare il ruolo e le mansioni di ciascun componente, tenendo conto della posizione di garanzia assunta con l’intervento. La responsabilità può derivare sia da azioni dirette che da omissioni, e non è limitata alle sole fasi operative, ma si estende anche al controllo sull’operato altrui e al decorso post-operatorio. In un’équipe medica, infatti, ogni professionista ha compiti e responsabilità specifiche, ma l’obiettivo comune è la cura del paziente. Ogni membro è tenuto a operare con diligenza, attenzione e competenza, sia nell’esecuzione delle proprie mansioni che nel controllo dell’operato altrui, soprattutto in caso di errori evidenti o potenzialmente dannosi. Il capo équipe ha un ruolo di coordinamento e direzione, assicurando che l’intervento dell’équipe sia armonico e mirato alla tutela della salute del paziente. Compiti e responsabilità dovrebbero essere sempre ben distinguibili: è richiesta diligenza e competenza ad ogni membro dell’equipe che è chiamato a svolgere il proprio lavoro con la massima cura, attenzione e professionalità, seguendo le linee guida e le procedure stabilite. È fondamentale che ogni professionista verifichi l’operato degli altri, segnalando eventuali errori o omissioni che potrebbero mettere a rischio il paziente. Il capo équipe, o chi ne fa le veci, ha il compito di coordinare le attività di tutti i membri, assicurando che l’intervento sia sinergico e mirato al raggiungimento dell’obiettivo comune, ovvero la guarigione o il miglioramento delle condizioni del paziente. Nonostante la natura collettiva dell’intervento, ogni membro dell’équipe rimane responsabile delle proprie azioni e omissioni. In caso di errore, l’intera équipe può essere chiamata a rispondere delle conseguenze, ma questo non esclude la responsabilità individuale di ciascun membro. Ogni professionista è tenuto a verificare l’operato degli altri, soprattutto se si tratta di errori evidenti o potenzialmente dannosi, e ad intervenire per correggerli o segnalarli. L’équipe medica, dunque, opera come un’unica entità, ma ogni membro mantiene una propria responsabilità professionale, che si concretizza nell’esercizio diligente delle proprie mansioni, nel controllo reciproco e nella comunicazione efficace. Ed invero, con la recente sentenza del 29 maggio 2025 n. 14351, la Suprema Corte ha precisato nuovamente la portata dei compiti e poteri dei membri dell’équipe medica, rammentando il principio secondo cui: “l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’équipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, sicché rientra tra gli obblighi di ogni singolo componente di una équipe chirurgica, sia esso in posizione sovra o sotto ordinata, anche quello di prendere visione, prima dell’operazione, della cartella clinica contenente tutti i dati per verificare la necessità di adottare particolari precauzioni imposte dalla specifica condizione del paziente ed eventualmente segnalare, anche senza particolari formalità, il suo motivato dissenso rispetto alle scelte chirurgiche effettuate ed alla scelta stessa di procedere all’operazione, potendo solo in tal caso esimersi dalla concorrente responsabilità dei membri dell’equipe nell’inadempimento della prestazione sanitaria”. In caso di responsabilità professionale multidisciplinare per attività medico-chirurgica, l’accertamento delle dinamiche causali rispetto all’evento dannoso deve essere compiuto, quindi, con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun operatore: non può cioè configurarsi aprioristicamente una responsabilità di gruppo, in particolare quando i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti tra loro, non potendosi trasformare il generico onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione degli spazi di competenza altrui. Nell’ambito di un’attività medica in cui cooperano più soggetti, assume, così, grande rilievo il tema del dissenso manifestato da parte dei soggetti coinvolti. Sul punto, la giurisprudenza ha più volte affermato che: “In tema di colpa medica, deve escludersi che possa invocare esonero da responsabilità il chirurgo che si sia fidato acriticamente della scelta del collega più anziano, pur essendo in possesso delle cognizioni tecniche per coglierne l’erroneità, ed avendo pertanto il dovere di valutarla e, se del caso, contrastarla”; ed inoltre che: “il medico componente della équipe chirurgica in posizione di secondo operatore che non condivide le scelte del primario adottate nel corso dell’intervento operatorio, ha l’obbligo, per esimersi da responsabilità, di manifestare espressamente il proprio dissenso, senza che tuttavia siano necessarie particolari forme di esternazione dello stesso”. Ma come si manifesta il dissenso? Secondo la giurisprudenza, non esistono regole fisse. In precedenti pronunce, la Cassazione ha sottolineato, infatti, che la valutazione dell’idoneità della forma del dissenso al fine di escludere la responsabilità penale deve essere compiuta avendo riguardo al contesto in cui questa opinione viene manifestata, dovendo necessariamente distinguersi tra la situazione in cui si procede a scelte puramente terapeutiche a quella di tipo operatorio. Pertanto, ogni caso e contesto va valutato individualmente; certamente è importante fare in modo che l’eventuale dissenso sia in qualche modo registrato, in modo tale che se ne possa rinvenire traccia in caso di necessità. Tali circostanze vengono in rilievo proprio nel quadro più ampio della responsabilità che si delinea in capo alla Struttura sanitaria, atteso che risponde dei danni causati al paziente dall’équipe medica, sia che i membri siano dipendenti della struttura sia che siano professionisti esterni che collaborano con essa. Questa responsabilità deriva dal rapporto contrattuale tra paziente e struttura, e dall’art. 1228 del codice civile che disciplina la responsabilità per l’operato degli ausiliari. La struttura ha l’onere di dimostrare di aver fornito una prestazione corretta e di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire errori. In ogni caso, sussiste la possibilità dell’azione di regresso. Se, infatti, la struttura sanitaria viene condannata a risarcire il paziente, può rivalersi sui medici responsabili dell’errore, esercitando un’azione di regresso. In questo caso, però, la responsabilità dei singoli medici potrà essere accertata in un giudizio successivo. È per questo che la verifica della professionalità degli operatori sanitari è un obbligo fondamentale per le strutture sanitarie e deve essere svolta con attenzione e sistematicità per garantire la qualità e la sicurezza delle cure, oltre che la tutela per le Strutture stesse.