a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
L’art. 59 del D.lgs. 231/2001 prevede che l’ente venga citato nel giudizio penale con richiesta di rinvio a giudizio, presupponendo che per le società debba sempre aver luogo l’udienza preliminare.
Dunque, se viene commesso un reato fra quelli presupposto, relativi alla responsabilità amministrativa dell’ente da uno dei dipendenti della società, è noto che oltre al procedimento penale nei confronti di colui o colei che ha commesso il reato si apre un parallelo procedimento penale nei confronti dell’ente.
Se si arriva alla citazione a giudizio si potrebbe generare il problema che se il reato presupposto è fra quelli che implicano la citazione diretta a giudizio, l’ente/società potrebbe, secondo la lettera della norma, dover seguire un percorso diverso e distaccato da quello dell’imputato o imputata.
La Suprema Corte ha affrontato il tema riguardo al corretto esercizio dell’azione penale nei confronti della società imputata.
Nel corso degli ultimi tempi la Cassazione ha affrontato la problematica diverse volte ma la sentenza n. 8369/2025 della quinta sezione penale ha elaborato un principio che fuga i dubbi interpretativi.
La Corte è stata adita su ricorso che impugnava l’ordinanza di un Tribunale territoriale con la quale veniva dichiarata la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio emesso nei confronti di un Ente imputato a norma del D.lgs. 231/2001.
Secondo il giudice di primo grado la citazione diretta dell’ente non è prevista nell’interpretazione letterale della norma di cui all’art. 59 del decreto legislativo che, per l’appunto, parla esclusivamente di rinvio a giudizio e di richiesta di rinvio a giudizio e non di altro.
Da ciò deriverebbe che quando si tratta, per l’imputato, di un reato che non prevede l’udienza preliminare, l’ente/società dovrebbe, comunque, essere citato per l’udienza preliminare, in barba a tutti i principi di economia processuale ed in violazione della disposizione contenuta nell’art. 38 del D.lgs. 231/2001, secondo cui, di norma, i due procedimenti devono essere riuniti, seguendo solo eccezionalmente strade diverse.
Pertanto, ricorrendo il Procuratore della Repubblica territoriale, avverso l’ordinanza del Tribunale, il medesimo lamenta un errore di giudizio del Giudice che avrebbe omesso di confrontarsi con l’intervenuto ampliamento del novero dei reati presupposto della responsabilità dell’Ente, tra cui quelli per i quali si deve procedere con citazione diretta a giudizio.
Dunque l’ordinanza sarebbe abnorme poiché obbligherebbe il Pubblico Ministero ad esercitare l’azione penale con richiesta di rinvio a giudizio.
La Cassazione fa presente in proposito come l’art. 59 D.lgs. 231/2001 sia un caso di dimenticanza da parte del legislatore e non una volontaria esclusione della chiamata con citazione diretta; sia perché diversamente ci si ritrova di fronte all’irrazionale conseguenza di deroga del principio generale di trattazione unitaria del processo e di conseguenza di quello di economia processuale, sia a quello espresso nell’art. 38 del D.Lgs. 231/2001 secondo cui i due procedimenti devono essere riuniti, seguendo solo eccezionalmente strade diverse.
Pertanto, qualora si tratti di reato con citazione diretta a giudizio, tanto l’imputato persona quanto quello con personalità giuridica seguono lo stesso percorso processuale che sarà la citazione diretta a giudizio.