Danno da anticipazione di perdita di vita

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

La Suprema Corte di Cassazione si è occupata nuovamente (ordinanza 25480/2025) della responsabilità sanitaria nei casi in cui l’errore diagnostico o terapeutico non determina l’insorgenza di una patologia nuova, ma incide sul decorso di quella già in atto, accelerandone l’esito infausto.

In sostanza si riparla di responsabilità medica per diagnosi tardiva in ordine ad una malattia terminale, dove il giudice supremo ha specificato che, in caso di colpa medica, il danno risarcibile è la perdita anticipata della vita e non solo una “perdita di chance di sopravvivenza”. Ciò implica che il risarcimento dovrà essere liquidato per la perdita piena del rapporto parentale e della vita, basandosi sulla causalità provata, non su mere probabilità o incertezze. 

Dunque il danno da risarcire non è la perdita di chance ma quello di perdita anticipata della vita, dunque un danno più grave, con onere probatorio a carico del ricorrente che deve dimostrare che la condotta colposa del medico ha causato l’anticipazione del decesso.

Il ricorso riguardava la domanda risarcitoria proposta dai congiunti di un paziente affetto da tumore maligno, deceduto a seguito di un ritardo diagnostico imputato alla struttura sanitaria. I ricorrenti deducevano che la condotta colposa avesse causato l’anticipazione dell’evento morte, con conseguente perdita del rapporto parentale.

La problematica si snoda nel distinguo di identificazione del danno nella perdita di chance o nella perdita anticipata di vita con effetti notevoli di differenza sul risarcimento dal punto di vista della consistenza quantitativa.

La Corte ribadisce che quando l’evento dannoso è generato dalla morte anticipata del paziente, non è corretto parlare di chance, ma di lesione piena. Peraltro la perdita della possibilità di vivere meglio e più a lungo è fuori contesto, poiché si trincera dietro all’impedimento di vivere il tempo che rimane nelle condizioni migliori possibili.

Invece la chance ha rilievo soltanto in presenza di un’incertezza insuperabile; cioè non è la maggiore o minore probabilità di sopravvivenza a qualificare il danno come chance, ma la possibilità, o meno di ricostruire, su basi scientifiche o logiche, la connessione causale tra errore sanitario ed evento letale.

La decisione permette di precisare le differenze fra danno da perdita di chance e danno da perdita della vita, in quanto, come sopra detto la prova incombe sui ricorrenti, i quali devono dimostrare che la condotta colposa abbia inciso causalmente sull’anticipazione del decesso. Inoltre la liquidazione del danno riguarderà un danno pieno, totale e non uno ridotto ad una mera aspettativa generica di vita.

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