a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Precedentemente all’entrata in vigore della legge Gelli Bianco esisteva già una responsabilità della struttura sanitaria per i danni cagionati ai pazienti, qualificata di natura contrattuale sulla base del cosiddetto contratto di spedalità.
Sussiste, pertanto, una sorta di dovere di vigilanza della struttura sul paziente, ma questo non deve essere considerato al di sopra del principio “ad impossibilia nemo tenetur”, cioè, letteralmente: nessuno può essere obbligato per gli eventi impossibili.
Prima della legge Gelli Bianco, la giurisprudenza era chiamata a ricostruire la responsabilità civile della struttura sanitaria in chiave di responsabilità contrattuale o aquiliana.
Secondo l’orientamento maggioritario, come di sopra si è detto, la responsabilità ascrivibile in capo alla struttura era di tipo contrattuale, in forza del contratto con cui la struttura sanitaria si obbliga a fornire al paziente una complessa prestazione di assistenza sanitaria (consistente nella predisposizione degli spazi necessari, di personale sanitario sufficiente ed efficiente e di attrezzature e macchinari adeguati).
Ricondotta l’obbligazione della struttura sanitaria al contratto di spedalità, la giurisprudenza configurava la relativa responsabilità civile come contrattuale ex artt. 1218 c.c. e ss.
La legge Gelli Bianco (legge 24/2017) ha chiarito definitivamente il profilo della responsabilità ascrivibile ai soggetti che possono essere avocati in giudizio per il risarcimento del danno – patrimoniale e non patrimoniale – connesso alla inesatta prestazione da parte del medico e del personale paramedico, ovvero della struttura.
In particolare, l’art. 7 della legge Gelli Bianco chiarisce che: la struttura sanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 c.c., delle loro condotte dolose o colpose; l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.
Quanto alla cosiddetta culpa in vigilando della struttura, i profili di responsabilità della medesima sono certamente mutuati dal codice civile, ma devono essere sottoposti ad un accurato giudizio caso per caso.
Il dovere di vigilanza che grava sulla struttura nei confronti del paziente non è e non può essere illimitato. Certamente rientra tra gli obblighi di garanzia dell’ente ospedaliero ed include gli obblighi di organizzazione dell’attività di sorveglianza per garantire la sicurezza dell’utente e dell’attività di manutenzione per evitare i rischi più pericolosi e prevedibili, ad esempio il rischio di cadute nella struttura. Devono esistere dei limiti al dovere accessorio di vigilare.
La struttura deve fornire al paziente l’assistenza sanitaria, che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi per la protezione, la sicurezza ed altri oneri accessori.
Nei casi assolutamente imprevedibili, come episodi di autolesionismo, che possono sfociare fino al suicidio, si dovrà esaminare caso per caso, in considerazione della natura assoluta o meno dell’imprevedibilità dell’evento, in quanto se lo stesso è stato pluriannunciato dal paziente e non sono state adottate misure idonee ad evitarlo, si può incorrere nel mancato obbligo di vigilanza che la struttura “deve” al paziente, diversamente no.
E’, pertanto, necessario che i medici e più in generale i dipendenti delle strutture vengano informati di tale pericolo o, quantomeno, che tale pericolo sia da loro riconoscibile, non potendosi individuare una responsabilità della struttura per un evento imprevedibile.
Sulla base delle norme in materia di responsabilità contrattuale, a fronte dell’allegazione di un suo inadempimento, spetterà alla struttura dimostrare l’esatto adempimento, o il mancato adempimento per causa ad essa non imputabile, di quella serie di prestazioni che sorgono in capo alla medesima in seguito all’accettazione del paziente.
La struttura sanitaria può essere ritenuta responsabile per la violazione dell’obbligo di vigilanza solo nel caso in cui l’evento sia assolutamente imprevedibile, dando prova del fatto che non vi era alcuna notizia che poteva indurre a pensare che quell’evento potesse accadere.