a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Ancora una volta la Corte di Cassazione torna sui presupposti relativi all’accertamento dei presupposti necessari per il risarcimento del danno in materia di malpractice da parte dei sanitari.
Affinchè sia accertata la responsabilità devono ricorrere necessariamente una condotta errata da parte dell’operatore da cui viene generato un danno nei confronti del paziente, condotta causalmente collegata al danno subito.
Se manca uno solo di questi elementi non può parlarsi di responsabilità e di conseguenza decade l’obbligo del risarcimento del danno.
Solitamente si pone l’attenzione sull’accertamento della condotta legata al danno, analizzando il nesso causale fra condotta ed evento ad una seconda analisi, ma deve essere chiaro che la mancanza del nesso di causalità comporta anche la mancanza di responsabilità.
Il nesso causale è, dunque, il legame che unisce quale conseguenza immediata e diretta la condotta all’evento, evento che deve essere causato dall’errore del sanitario. Negli esempi pratici l’assenza di nesso causale si può verificare quando sia un evento esterno a causare il danno, come lo scatenarsi di un evento naturale, oppure nei casi in cui vi sia il sopravvento di una malattia pregressa (cosiddetta comorbilità), oppure quando l’errore sia stato commesso per colpa di altro sanitario.
L’accertamento da parte del Giudice deve spingersi a valutare, dunque, se i danni causati al paziente si sarebbero verificati comunque anche senza l’errore del sanitario: motivo per il quale la responsabilità andrà esclusa in caso di risposta affermativa.
Certamente ciò che si è asserito finora è piuttosto lineare e chiaro, dove, invece, le cose si complicano è nella fase del giudizio nella quale per dimostrare l’assenza di nesso causale si deve dare prova che il danno si è verificato per altre cause, estranee all’errore medico.
Per questo motivo la giurisprudenza fa ricorso al criterio del “più probabile che non” ed in particolare la Corte di Cassazione, III Sezione Civile, con la sentenza 25805/2024 ha chiarito che il suddetto criterio impone di: “ritenere provata la causa di un evento quando quella causa è più probabile di una causa diversa o di una causa contraria” e che sia “compito del giudice di merito stabilire se l’accertamento fatto dal CTU consenta di ritenere come più probabile la causa da lui indicata, rispetto invece a causa alternative”.
Dunque, la Corte, innanzitutto, impone il ricorso ad un perito medico-legale che deve svolgere un esame di comparazione delle possibili cause che hanno determinato il danno.
Da ciò si desume come i consulenti tecnici d’ufficio nominati dai Giudici abbiano un ruolo fondamentale nella ricostruzione del nesso causale, tanto che il Giudice, se volesse discostarsi dalle conclusioni del perito, sarebbe obbligato ad illustrane le ragioni, indicando le prove che giustificano una diversa conclusione.
Dunque, il Giudice, dopo aver acquisito il parere e le conclusioni del perito nominato d’ufficio, dovrà svolgere una comparazione fra le possibili cause che hanno determinato il danno e decretare la responsabilità del sanitario solo quando è accertato che l’errore ha causato il danno in modo “più probabile che non” rispetto alle altre cause; una sorta di causa più forte, prevalente. E’ necessario che si tratti della causa più probabile rispetto alle altre astrattamente ricollegabili.
Nel caso in esame la Corte ha valutato che l’errore medico fosse la causa più probabile che non la malattia pregressa, di lieve entità, a causare il danno al paziente.
Pertanto, il Giudice deve attenersi al concetto di probabilità logica che impone di valutare come determinante solo quella causa che presenta maggiori riscontri probatori, maggiori indici di coerenza intrinseca.
La Corte ha ritenuto che l’errore medico, commesso durante una biopsia prostatica, prevalesse rispetto alle altre possibili cause del preesistente stato cardiaco deficitario e della persistenza della neoplasia, in quanto il perito aveva dichiarato che le preesistenti condizioni cliniche del paziente non avessero inciso affatto, essendo di lieve entità e che la causa del danno si è verificato in prossimità temporale all’errore del sanitario.
Dunque è logicamente più probabile, secondo la Corte, che la causa dei danni fosse dipesa dall’errore medico.