L’idoneità del Modello ex Decreto Legislativo 231/2001 nell’attuazione pratica

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

Una recente sentenza del Tribunale di Milano, n. 1070/2024, ha escluso la responsabilità di una società, ai sensi del D.lgs. n. 231/2001, in relazione ad un’imputazione di false comunicazioni sociali, elevata nei confronti di alcuni dipendenti, in quanto il Modello organizzativo, adottato ai sensi del d.lgs. 231/2001, è stato ritenuto idoneo ed è stata pure ravvisata l’elusione fraudolenta di quest’ultimo da parte degli imputati.

E’ importante evidenziare diversi profili fra i quali la tenuta e la rilevanza dei cosiddetti presidi di controllo. In particolare la società in oggetto aveva già attuato protocolli allegati alla parte generale, dal momento che all’epoca dei fatti non esisteva ancora la parte speciale che, in quanto attuati e recanti le procedure, sono stati sufficienti a ritenere il modello idoneo, efficace ed adeguato, tanto è vero che la segnalazione anonima aveva fatto scattare la procedura che aveva condotto alla denuncia per false comunicazioni sociali.

Nella sentenza va, inoltre, segnalata, la grande importanza attribuita al whistleblowing, strumento per far emergere le violazioni relative alla commissione di reati che sono presupposto della tutela.

La sentenza evidenzia che il reato di false comunicazioni sociali (per l’appunto reato presupposto) è emerso attraverso una segnalazione anonima pervenuta alla società controllante tramite il sistema di “speak up”, la cui procedura era richiamata nel codice etico della società (a sua volta parte integrante del Modello organizzativo).

Dunque, il tribunale ha apprezzato il sistema “semplice” della segnalazione, senza che la società avesse provveduto ad installare chissà quali grandi software, consentendo l’emersione dell’illecito e l’attivazione della procedura che ha consentito la “tenuta” del Modello di organizzazione e gestione a questo fine adottato.

Un altro elemento che emerge dalla motivazione della sentenza riguarda un altro caposaldo che sta alla base della riuscita dell’adozione di un Modello ex D.Lgs n. 231/2001: la formazione e l’aggiornamento del personale.

Nel caso de quo era stata effettuato in modo costante e continuo e non con iniziative occasionali, con specifica formazione in merito ad aree di interesse societario (ad esempio privacy, rapporti con i pubblici ufficiali, eventi, contratti e convenzioni, note spese, fornitura prodotti, materiale promozionale e due diligence).

Il programma di formazione attuato dalla società riguardava anche l’accreditamento di parti terzi, fornitori, stakeholders.

Altra novità della sentenza in commento è rappresentata dall’ipotesi di sanzioni che incidono sulla retribuzione, ovviamente sulla parte variabile della retribuzione, quella che riguarda gli incentivi relativi al raggiungimento di obiettivi aziendali.

Logicamente si tratta dei contratti di coloro che hanno un inquadramento più alto: quadri, funzionari e dirigenti, ma, in considerazione del reato di false comunicazioni sociale di cui si tratta, si comprende che questo non può riguardare semplici dipendenti.

Certamente incidere su una decurtazione che si aggira tra il 20%, nel caso in cui venga comminata un’ammonizione, e il 40% in caso di multa, fino ad arrivare al totale azzeramento in caso di sospensione o licenziamento, è qualcosa di molto oneroso che già di per sé dovrebbe disincentivare la commissione di illeciti.

Pur trattandosi di un Giudice di primo grado, è molto interessante leggere nella motivazione della sentenza, argomenti che guardano all’idoneità ed all’efficacia del Modello ex D.lgs 231/2001, basate sulle applicazioni pratiche dello stesso e non su norme astratte che seppur devono essere rispettate, spesso, non rendono il modello gestionale vivo, determinandone inadeguatezza, inefficacia, inidoneità.

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