Le pensioni del futuro

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

Il problema delle future pensioni, nella sanità in particolare, è una questione con la quale occorre fare i conti già da un pò di tempo.

L’aspettativa di vita e le politiche previdenziali dell’Italia, fanno sì che chi entra nel mercato del lavoro, oggi, dovrà attendere anni per poter accedere al trattamento pensionistico.

L’argomento è stato oggetto del rapporto annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione o lo Sviluppo Economico (OCSE), che ha presentato una serie di indicatori, utili a confrontare le politiche pensionistiche dei paesi membri. Ovviamente si tiene conto dell’impatto dell’inflazione sul potere di acquisto delle pensioni e di conseguenza delle misure che, nel recente trascorso biennio, sono state adottate dai vari paesi.

Il punto è che, in Italia, a causa della carenza del personale medico sanitario, dovuto alle mille ragioni da sempre denunciate che spaziano dal numero chiuso della Facoltà di Medicina e Chirurgia, alle scuole di specializzazione, alla medicina difensiva, ai medici a gettone, eccetera, le misure antinflazionistiche hanno riguardato, solo e soltanto, una politica di allungamento dell’età pensionabile e, di contro, una scarsa messa in campo di altro tipo di soluzioni.

L’organizzazione intrapresa non delinea un roseo futuro pensionistico per i giovani del nostro paese. A causa delle regole previdenziali attuali, i giovani che cominciano a lavorare in questi anni, potranno accedere alla pensione non prima del compimento dei settantuno/settantadue anni di età. Senza modifiche al sistema previdenziale, nel nostro paese, i giovani non avranno solo il problema dell’età avanzata, ma potranno costituire i cosiddetti “nuovi poveri”, a causa dei bassi salari specie all’ingresso del mondo del lavoro e della discontinuità e precarietà del medesimo.

C’è, dunque, una percentuale di persone nel mondo del lavoro sanitario di età pari o superiore a 65 anni destinata a salire dal 18% del 2022 al 27% entro il 2050. Questi dati influiscono anche sulle implicazioni fiscali e fanno riflettere su come garantire la sostenibilità della sicurezza in vecchiaia.

L’impiego di energie dei Paesi esaminati dall’OCSE include l’aumento dell’età pensionabile, la limitazione del numero di pensionamenti anticipati e di conseguenza il prolungamento della vita lavorativa che si scontrano con la vetustà delle competenze, conducendo ad un limitato accesso al lavoro, o, addirittura alla mancanza di occupazione di nuove risorse.

Il sistema pensionistico, così come è concepito, è legato anche al recupero dell’evasione fiscale.

In Italia ci sono anche altri problemi: le pensioni dei pubblici dipendenti vengono e saranno a lungo pagate dall’INPS, le cui casse, però, si assottigliano sempre di più, in quanto sostengono gli obblighi nei confronti di chi ha già maturato i requisiti per il collocamento in quiescenza e, dunque, sosterranno con sempre maggiore difficoltà, quelli futuri.

Quanto alle casse private, sempre per gli stessi motivi e perché al momento erogano i pagamenti delle pensioni di coloro che hanno maturato lo status, non sono adeguatamente rimpinguate, a causa della mancanza del lavoro e dell’occupazione, dunque il circuito è chiuso e appare senza salvezza.

Ultimo, ma non meno importante dato è rappresentato dalla mancanza di incremento demografico. Le nascite sono in calo e la popolazione invecchia.

Lo scenario è piuttosto arido; un mercato del lavoro senza lavoratori! Pertanto, saranno necessari interventi drastici per salvaguardare il sistema della previdenza.

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