a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Con la pronuncia del 14 novembre ultimo scorso la Corte Costituzionale ha provveduto, in attesa delle motivazioni, a diffondere un comunicato, tramite il suo ufficio, nel quale spiegale linee fondamentali con le quali ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie, ma ha, invece, giudicato illegittime specifiche disposizioni del testo legislativo.
Secondo quanto si legge nel suddetto comunicato la Corte, nell’esamina dei ricorsi proposti dalle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, nonché delle difese del Presidente del Consiglio dei ministri e degli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha sottolineato l’aspetto unitario dell’ordinamento costituzionale, sulla base del principio di sussidiarietà stabilendo che “l’art. 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina l’attribuzione dell’autonomia alle regioni ordinarie) deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana. Essa riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle Regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le Regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio”.
In particolare, la Corte, richiamando il suddetto principio di sussidiarietà, sancito dall’art. 116 Cost., afferma che la devoluzione si deve limitare a specifiche funzioni legislative e amministrative e deve essere giustificata, in relazione alla singola regione. Pertanto, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.
In particolare, la Consulta ha ritenuto costituzionalmente illegittimi alcuni profili della legge e, non, come si diceva, tutta la riforma.
L’illegittimità si snoda attraverso sette punti.
Un primo punto riguarderebbe la devoluzione da parte dello Stato nei confronti delle Regioni che deve riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative in relazione alla singola regione, ognuna con le proprie differenze.
Un secondo punto concerne il conferimento di una delega legislativa al Governo per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) che devono essere garantiti dallo Stato in eguale misura, in ogni parte del territorio su settori fondamentali, dunque sottolineando la centralità dell’organo legislativo, il Parlamento, non sostituibile dal Governo.
Di conseguenza il terzo punto riguarda l’illegittimità che sia un DPCM, cioè un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri a determinare l’aggiornamento dei livelli essenziali delle prestazioni e non invece il Parlamento.
Ancora un quarto punto di illegittimità concerne un costante ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei LEP con DPCM, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP. In tal modo si determinerebbe il trasferimento di competenze, commisurando l’attribuzione di nuove risorse alle Regioni sulla base del criterio della spesa storica, il che equivarrebbe a non riconoscere l’esigenza di rimediare a squilibri sociali provocati dall’incompleta attuazione del Titolo V della Costituzione.
Illegittimo un quinto punto nella parte in cui si prevede di modificare con un decreto interministeriale le aliquote della partecipazione al gettito dei tributi erariali, perché in tal modo potrebbero essere premiate le regioni inefficienti che dopo aver ottenuto le risorse dallo Stato, non sono in grado di assicurare l’adempimento delle funzioni.
Incostituzionale il sesto punto sulla facoltatività, in luogo dell’obbligatorietà, per le regioni, di concorrere agli obiettivi della finanza pubblica con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà del sistema sanitario.
Ultimo e settimo punto riguarda il dubbio della Corte sull’estensibilità della autonomia differenziate alle regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta), che secondo il primo comma dell’articolo 116 della Costituzione dispongono di “forme e condizioni particolari di autonomia”.