Danno da emotrasfusioni

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

In relazione alle infezioni contratte in conseguenza di emotrasfusioni, la III Sezione della Cassazione Civile con la sentenza n. 26091/2023 ha stabilito che In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per i danni patiti mediante infezione trasfusionale dal paziente ricoverato, ricade sulla struttura sanitaria l’onere probatorio di dimostrare che, al momento della trasfusione, il paziente fosse già affetto dall’infezione di cui chiede il risarcimento, provando di aver correttamente eseguito i protocolli relativi all’attività di acquisizione e perfusione del plasma, in ottemperanza alle norme giuridiche vigenti in materia e alle leges artis”.

In buona sostanza il paziente, può assolvere all’onere probatorio anche attraverso presunzioni, non dovendo fornire la dimostrazione dell’assenza di infezione al momento della trasfusione; mentre la prova contraria, grava sulla struttura sanitaria, la quale deve dimostrare l’assenza di nesso causale e cioè invertendo l’onere probatorio, è quest’ultima che deve dimostrare che il paziente era già̀ affetto dall’infezione al momento della trasfusione, ovvero deve fornire la prova positiva di aver rispettato, in concreto, le norme giuridiche, le leges artis e i protocolli che presiedono alle attività di acquisizione e perfusione del plasma.

Il caso 

LaCorte d’Appello territoriale aveva rinnovato la sentenza del giudice di prime cure, che aveva condannato un’Azienda Sanitaria Provinciale al risarcimento del danno nei confronti di una paziente, condannandola al pagamento di una somma di circa trecentomila euro, a seguito di una emotrasfusione eseguita presso il nosocomio competente di zona.

La Corte territoriale aveva addossato al paziente l’onere di dimostrare l’assenza di una malattia epatica al momento del ricovero, omettendo di tener conto degli elementi necessari a fondare la prova presuntiva dell’esistenza del nesso causale come l’assenza di fattori di rischio specifici, l’insorgenza della malattia a distanza di un anno dalla trasfusione e la mancata evidenza di eventuali cause alternative.

La paziente proponeva ricorso per cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

Nella motivazione della sentenza la Suprema Corte stabilisce che è principio di diritto acquisito in modo incontrovertibile, in giurisprudenza, quello secondo cui, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale del medico, il danneggiato deve dare traccia dell’inadempimento del debitore, mentre sul debitore medesimo grava l’onere della prova di dimostrare l’esatto adempimento o l’impossibilità dello stesso per causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.).

La Corte territoriale non ha tenuto conto di questi criteri di ripartizione dell’onere probatorio, in quanto il danneggiato non era onerato di dimostrare l’assenza di una malattia epatica al momento del ricovero, ma come detto sovra, doveva esclusivamente allegare l’inadempimento.

Inoltre la Corte d’Appello omette di considerare la totale mancanza di materiale probatorio allegato da parte dell’Azienda Sanitaria in merito alla corretta esecuzione, in ottemperanza alle leges artis e alle norme vigenti in materia, di tutte le fasi del procedimento di conservazione, separazione e somministrazione del sangue, prova liberatoria che avrebbe dovuto fornire a fronte della prova presuntiva di infezione subita all’interno della struttura ospedaliera, prodotta dalla persona danneggiata.

Infine la Corte d’Appello ha erroneamente valutato quanto stabilito dalla consulenza tecnica di ufficio in materia medico-legale, rinnovata nel secondo grado di giudizio, ritenendo che la paziente fosse affetta da sofferenza epatica, non dimostrando che la sofferenza fosse causata dall’epatite, circostanza mai provata dalla struttura sanitaria, decisiva per vincere la presunzione che l’infezione fosse stata contratta a seguito della trasfusione di sangue.

Pertanto la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della paziente e rinviato ad altra Sezione della Corte di Appello per nuova valutazione, tenendo conto dei principi dedotti in materia di onere probatorio.

Quanto alla posizione del Ministero della salute in caso di patologie conseguenti ad infezione da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusioni, secondo quanto già stabilito dalla Corte di Cassazione (Sez. 3, sentenza n. 28626/2023), sussiste una responsabilità ex art. 2043 c.c., a condizione che vengano accertate: l’inosservanza, da parte dell’operatore, delle specifiche prescrizioni di cautela e profilassi; la riferibilità di tale inosservanza anche a manchevolezze imputabili al medico provinciale nel dare attuazione alle direttive;  un legame causale tra l’inosservanza e l’evento dannoso.

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