a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Dopo sei anni dalla sua pubblicazione la legge Gelli-Bianco continua a far parlare di sé, ma è giusto periodicamente provare a fare un bilancio realistico degli effetti di una legge da più parti criticata.
E’ possibile salvaguardare pazienti, strutture e professionisti sanitari? La legge lo fa?
Innanzitutto, anche se pare assodato che accanto al pubblico c’è il privato convenzionato, che, come più volte si è ascoltato nei convegni, nelle varie rassegne stampa, nelle parole dei nuovi governanti del paese, sono complementari, non sembra che obblighi e diritti siano gli stessi per le due categorie.
E’ bene rinfrescare che la l. 24/2017 enuncia all’art. 7: “Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria che la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorchè non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.
La disposizione che precede si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina.
Dove, dunque, è chiaro che una grande struttura come un ospedale venga ritenuta responsabile per sé e per tutto il suo personale, diversamente, il pensiero che una struttura privata, pur se accreditata, scelta dallo specialista, per sottoporre ad intervento un paziente, sia considerata egualmente responsabile, pone maggiori problematiche e ripropone la questione della distribuzione delle responsabilità in tema di eventuale risarcimento del danno, questione molto spesso trattata dal Acop. Ne è un esempio la discussione fra responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale.
Infatti, in caso di sinistro se la struttura non fosse assicurata, in quanto l’art. 10 non pone l’obbligo assicurativo, la sola polizza del professionista potrà coprire parte delle richieste risarcitorie, quelle limitate al rapporto contrattuale fra medico e paziente, mentre la struttura, o ricorre all’autoritenzione, oppure è passibile di sequestri, ma questo solo per le strutture private seppur convenzionate.
In parole povere, in caso di danno risarcibile, per un danno causato da una struttura pubblica, il paziente si dovrà accontentare e non potrà certo opporre un sequestro, data l’impignorabilità di un servizio pubblico.
Ma nel privato non accade la stessa cosa!
Qui la prescrizione è esclusivamente decennale.
Inoltre, duole doverlo dire ancora una volta: a distanza di sei anni, i decreti attuativi di tale legge non sono attuati, per usare un gioco di parole. E comunque, anche gli schemi di quelli che dovevano essere un modello di decreto attuativo non sono efficaci e non risolvono i problemi della risarcibilità del danno sanitario.
In conclusione una serie di incongruenze, dubbi di costituzionalità, per una legge che lascia il mondo degli operatori sanitari e al contempo i pazienti nel caos, a causa di regole poco chiare.