Valorizzazione del medico professionista e agevolazioni fiscali

Le dichiarazioni del Ministro della Salute, Orazio Schillaci e del Ministro dell’Economia e Finanza, Giorgetti, di questi ultimi giorni sembrano confortare e quasi entusiasmare i medici professionisti che prestano la lora attività nel servizio sanitario nazionale nella parità assoluta con coloro che esercitano la professione nelle strutture sanitarie private convenzionate, più volte definite, in questi anni, dallo stesso Ministro della Salute: braccio, anima, parte integrante, insomma indispensabili e compenetrate nel sistema sanitario italiano.

Pertanto valorizzarne il lavoro e tutelarne la sicurezza è per il Governo un imperativo dal momento che con la loro professionalità garantiscono livelli di eccellenza.

Ovviamente insiste fortemente sulla garanzia di un buon servizio l’elemento della carenza di organico, dal momento che in molti settori si affrontano turni che, in alcuni casi sono al limite della legalità e, si sa bene, a quali gravi conseguenze può portare la distrazione o la non perfetta lucidità di un medico, di un infermiere, o comunque di chiunque eserciti un’attività sanitaria.

Quello dell’integrazione dell’organico è un impegno preso dall’Italia a livello europeo, ma è necessario essere attrattivi sotto diversi aspetti. Innanzitutto il Governo ha previsto a partire da gennaio, l’abolizione del tetto di spesa per le assunzioni, anche perché il vincolo finanziario è ormai piuttosto vetusto e anacronistico, pur se è necessario controbilanciarlo con forze attrattive.

I giovani medici spesso – molte volte si è raccontato – migrano verso paesi, anche molto lontani che, però, sono in grado di  dare un enorme valore alle loro prestazioni: si pensi, ad esempio, agli emirati arabi, dove ad un neoassunto viene riconosciuto uno stipendio mensile che si aggira fra i tredicimila e i quindicimila euro, diversamente che in Italia.

Dunque il tema è l’aumento della retribuzione, argomento nei confronti del quale l’Italia sta facendo dei piccoli passi, ancora troppo pochi per essere un paese attrattivo. Per il momento gli aumenti, infatti, riguardano le prestazioni aggiuntive e non le retribuzioni, per così dire di “partenza”, o quelle dei passaggi di livello a seconda dell’anzianità di servizio, se non gli scatti che sono previsti per legge dal contratto nazionale del lavoro.

Una delle ipotesi concrete che sono state presentate al Ministro dell’Economia e Finanza Giorgetti, da parte del Ministro della Salute riguarda la tassazione al 15% delle indennità di specificità per dare ulteriore ossigeno alle buste paga. Una sorta di flat tax – così come è stata chiamata – sull’indennità di specificità, oggi tassata al 43%.

Dovrebbe rappresentare un segnale per tornare ad investire sul professionista, o, anche un passo verso un lavoro più flessibile e più remunerativo, ma ci si chiede se tutto ciò potrà essere messo realmente in atto e soprattutto cosa succederà per le altre professionalità in ambito sanitario, ma anche per quei professionisti che al di fuori dell’ambito sanitario hanno gli stessi diritti ad adeguamenti, maggiorazioni e detassazione. 

avv. Maria Antonella Mascaro

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