COMUNICATO 16 GENNAIO 2025
Ancora nessun accordo dopo le discussioni di questi primi giorni della settimana sul rinnovo del contratto del comparto Sanità per il triennio 2025/2027, che riguarda circa seicentomila persone fra infermieri, tecnici e personale non dirigente. Dopo sette mesi di intense, lo scopo sarebbe quello di raggiungere quantomeno una preintesa con la volontà di dare continuità alla contrattazione.
Sulla base del finanziamento destinato si pensa che l’incremento medio mensile pro capite nelle retribuzioni potrà essere di circa 170 euro lordi, su cui pesa tuttavia oltre il 30% di imposte, dunque un aumento mensile di circa 145 euro in più in busta paga.
Per il finanziamento si deve tenere conto anche dei 175 milioni di euro relativi all’indennità di pronto soccorso da destinare esclusivamente a coloro che lavorano nel settore, dei 57,16 milioni liberati dal nuovo scatto dello 0,22% sul limite ai salari accessori, dei 35 milioni per l’aggiornamento dell’indennità di specificità infermieristica e dei 15 milioni per l’indennità di tutela del malato.
L’incremento medio si attesterebbe al 6,8% ma, considerando che gli aumenti devono tenere conto dei conguagli per le anticipazioni maggiorate percepite da più di un anno, il risultato del rinnovo produrrà una cifra poco considerevole e pertanto insoddisfacente.
La spaccatura tra le sigle sindacali purtroppo è una realtà. Ne è stata la premessa la posizione dei due sindacati confederali maggiormente dissenzienti, Cgil e Uil, che rivolgendosi insieme all’Usb ai propri iscritti attraverso una consultazione online hanno ottenuto il 98% di “no” alla versione proposta da Aran e accolta dalle altre sigle.
L’articolo 43, comma 3, del D.lg. 165/2001 sancisce che Aran sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente che le organizzazioni sindacali che aderiscono all’ipotesi di accordo rappresentino complessivamente almeno il 51%, ovverosia che si raggiunga la maggioranza indispensabile all’accordo.
A non soddisfare è soprattutto l’aspetto economico, a maggior ragione se gli aumenti non vengono poi erogati puntualmente in quanto le trattative iniziano sempre con anni di ritardo rispetto alla scadenza.
Per quanto riguarda la parte normativa, l’interesse si incentra sull’organizzazione dei turni con una proposta che sia ridotto il limite massimo da 10 a 7 turni mensili e sulle deroghe estive che i sindacati intendono eliminare per evitare abusi. Per gli incarichi professionali, riduzione da 15 a 10 anni. Sul fronte delle aggressioni i sindacati esigono, sebbene non sia una questione strettamente contrattuale, che le aziende sanitarie si assumano obblighi chiari quali la costituzione come parte civile, il supporto psicologico alle vittime e una copertura assicurativa specifica. Irrisolto rimane il problema di esclusività del rapporto professionale da regolamentare attraverso l’introduzione di una norma.
Quanto all’orario di lavoro vi è una proposta di sperimentare una settimana lavorativa di 4 giorni su base volontaria per favorire un miglior equilibrio tra il lavoro e la vita privata.
Secondo i sindacati tale proposta non sarebbe fattibile in sanità, rispetto agli altri settori della Pa, in ragione della continuità assistenziale e della numerosa presenza di personale turnista sulle 24 ore. Resta inoltre irrisolta la questione della mensa e dei buoni pasto per la mancanza di finanziamento.
Insomma al momento salta la pretrattativa, si dovrà aspettare un nuovo appuntamento.
avv. Maria Antonella Mascaro