COMUNICATO 03 LUGLIO 2025
Ha creato polemica e caos l’entrata in vigore, il 25 giugno scorso, del decreto legge n. 90 del 2025, dal titolo “Disposizioni urgenti in materia di università e ricerca, istruzione e salute”, in particolare la norma che permette alle aziende ospedaliere universitarie di applicare al personale non dirigente da assumere, il contratto collettivo nazionale del comparto sanità, distinguendolo dal personale non dirigente, già assunto dalle università e che presta servizio, a seguito di convenzione, in quanto quest’ultimo conserva l’inquadramento giuridico ed economico nell’ambito della contrattazione collettiva del comparto istruzione e ricerca. La competenza a definire l’appartenenza ad un comparto o area di contrattazione è esclusivamente della contrattazione collettiva nazionale, ai sensi dell’art. 40, comma 2, del d.lgs. 165/2001.
La questione che maggiorente balza agli occhi – segnalata, per primi, da un articolo del Sole 24 ore – è che il Governo sia intervenuto su una questione che Aran e Confederazioni non avevano ancora risolto, pur lavorandoci da anni, scegliendo però una via parziale e non equa, in quanto crea disparità di trattamento, senza tener conto della operatività quotidiana del personale e del principio costituzionale di equità tra lavoratori.
Ancora più chiaramente nella stessa azienda Ospedaliera Universitaria, gli infermieri già presenti avranno sul lavoro straordinario una imposta ordinaria di circa il 35%, mentre colleghi neo assunti per lo stesso lavoro straordinario potranno godere di un’imposta sostitutiva del 5%.
Pertanto si assisterà all’assurdo che due infermieri nella stessa struttura, nello stesso reparto e con lo stesso turno di lavoro, riceveranno trattamenti differenti. Il primo potrà accedere a benefici fiscali e tutele più ampie previste dal contratto sanitario, mentre il secondo resterà escluso da qualsiasi adeguamento, inquadrato ancora secondo la vecchia contrattazione delle Università.
La querelle degli infermieri universitari perdura da anni; il personale opera in ambito sanitario, ma formalmente dipende da quello accademico. Si prevedeva che il decreto si estendesse anche a questo ramo del personale, ma così non è andata e di fatto la riforma, al momento, si ferma a metà strada. Il problema è che se non verranno applicati dei correttivi, potrebbero essere incrementate “fughe” del personale, mentre per coloro che restano, certamente non si verrebbe a creare un clima di serenità, con possibilità di peggioramento della qualità dei servizi.