Il sistema sanitario non va cambiato

Il quadro che emerge in questi giorni dal dibattito sulla sanità con la partecipazione nell’ambito di dichiarazioni pubbliche del Ministro della Salute e del suo sottosegretario, non è dei più rosei. Pur rivendicando l’eccellenza del modello sanitario italiano, si parla di rigidità del medesimo e della necessità di cambiarlo, riorganizzarlo, razionalizzando l’offerta ospedaliera e dando importanza al territorio.

Anche il Presidente della Regione Lazio parla di modificare la legge n. 883/1978, considerata vetusta e non più adatta alla situazione attuale; ancora si dice dell’impossibilità di mantenere l’universalismo delle cure. Sono tutte espressioni che colpiscono dal momento che l’universalità delle cure è un principio elaborato dai padri e dalle madri costituenti, pertanto solo ascoltare di un possibile cambiamento non è rassicurante. Soprattutto non è rassicurante non elaborare un’alternativa valida.

Tutto ciò che si è letto negli scorsi giorni spaventa, poiché da parte alcuni Presidenti di regione, si è parlato di ricostruzione di un modello territoriale per decongestionare i pronto soccorso e comunque superare la visione della centralità dell’ospedale come luogo unico dove somministrare le cure per lasciare il passo a cure sul territorio e a domicilio.

Il punto nodale è rappresentato dal fatto che in molte regioni l’ospedale è e rimane al centro della salute dei cittadini, che per modernizzare i modelli non occorre modificare le leggi, laddove le leggi prevedono già delle fome di decentramento ma a favore del modello pubblico, cioè con l’aiuto delle strutture private accreditate, vero braccio della sanità pubblica.

Purtroppo si assiste da tempo ad evidenti espressioni di incoerenza e contraddizione fra ciò che si afferma e ciò che si sceglie.

La politica di Governo continua a focalizzare la sua attenzione sui medici che certamente sono una parte fondamentale del sistema, ma non si possono trascurare le altre professioni e le varie professionalità.

Il flop del semestre filtro non ha reso la figura del medico più allettante, o l’accesso alla facoltà di medicina più snello, ma anzi è stato un errore di programmazione del Governo che ha buttato nella disperazione migliaia di studenti molto motivati.

La pandemia ci ha dimostrato quanto sia importante il lavoro degli infermieri e quanto la loro figura professionale si sia evoluta e debba continuare ad evolversi.

Deve lavorarsi sul mancato controllo della programmazione ospedaliera e sull’inadeguatezza delle misure proposte per colmare i divari tra regioni, perché è inaccettabile che alcune di queste non raggiungano i livelli essenziali di assistenza.

Forse è il momento di imparare ancora di più dal passato, di riscoprire quali sono stati i principi e quali valori ha aggiunto l’istituzione del servizio sanitario nazionale. Per non dimenticare che solo dal nostro passato si può costruire un futuro migliore.

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