GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ MEDICA: CTU- OBBLIGO INDEROGABILE DELLA COLLEGIALITA’

PICNelle cause di responsabilità medica la CTU non collegiale è nulla: lo ha stabilito la Corte di Cassazione, “bacchettando” i giudici di merito che avevano affidato il delicato accertamento peritale a un professionista solo, anziché ad un collegio di periti, come da qualche anno impone la legge. Ed invero, con la sentenza n. 15594 dell’11 giugno scorso, la Terza Sezione civile della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema centrale nei giudizi di responsabilità medica: la natura cogente dell’art. 15 della legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), che impone l’obbligatorietà della nomina collegiale dei consulenti tecnici, prevedendo la partecipazione congiunta di un medico legale e di uno o più specialisti nella branca medica oggetto del giudizio. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso degli attori, cassando la sentenza d’appello per violazione dell’art. 15, l. n. 24/2017 e affermando due principi di diritto di rilevanza sistemica: «L’art. 15 della legge n. 24/2017… è applicabile, in base al principio tempus regit actum, a tutti i giudizi di merito iniziati successivamente alla sua entrata in vigore…»;    «Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità sanitaria, l’inosservanza del requisito di necessaria collegialità… è causa di nullità della sentenza che sia resa sulla base della consulenza, per inosservanza di norma processuale inderogabile.» Ne discende che tale nullità opera anche quando: la Consulenza Tecnica Preventiva a fini conciliativi sia stata disposta prima della legge 24/2017; che la consulenza sia stata comunque ritenuta “sufficiente ed esaustiva” dal giudice;
che le parti non abbiano sollevato eccezioni in merito alla composizione del collegio. Ciò comporta che trattandosi di nullità, il vizio potrà essere rilevato d’ufficio dal giudice, anche in assenza di eccezioni e contestazioni provenienti dalle parti processuali (come è appunto avvenuto nella vicenda esaminata, dove nessuna di esse aveva sollevato questioni sulla mancata composizione collegiale dell’organo peritale). Secondo la Corte, dunque, l’art. 15 l. 24/2017 introduce un obbligo inderogabile: il giudice ha l’obbligo di nominare sempre un collegio composto da un medico legale e da uno o più specialisti nella disciplina oggetto del giudizio. L’inosservanza di tale obbligo comporta una nullità processuale insanabile, attinente a un requisito legale necessario per la validità dell’attività istruttoria. In ogni caso, al di là di quanto direttamente stabilito dalla legge, il principio della collegialità della perizia medica risponde ad esigenze scientifiche di completezza, imparzialità e rigore metodologico nelle valutazioni peritali compiute in ambito sanitario, come sottolineato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 102/2021. Alla luce dell’impostazione tassativa dell’art. 15 l. 24/2017, è possibile, quindi, spingersi oltre la questione della sola collegialità. Se il principio affermato dalla Cassazione è che ogni consulenza tecnica disposta in giudizi di responsabilità sanitaria debba rispettare rigidamente i requisiti previsti dalla legge — sia in termini di numero dei periti (medico legale + specialista) sia di competenza specialistica — ne deriva che la nomina di consulenti non in possesso della specifica specializzazione nella branca oggetto del giudizio costituisce essa stessa causa di nullità della CTU. Anche in presenza di un collegio formalmente composto da più membri, la mancanza del requisito della “specifica e pratica conoscenza” richiesto dall’art. 15 determina l’invalidità della consulenza e della decisione che su essa si fonda. Pertanto, non è sufficiente la pluralità dei consulenti: è imprescindibile la loro adeguata qualificazione specialistica in medicina legale e nella disciplina clinica interessata dalla controversia, secondo una lettura sistematica e garantista dell’art. 15 della legge Gelli-Bianco.

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