Fine vita, non c’è ancora soluzione

Ancora una volta la Corte Costituzionale si è pronunciata in relazione alla non punibilità dell’aiuto al suicidio, nella sentenza n, 66, subordinando il medesimo al requisito che il paziente accompagnato necessiti di trattamenti di sostegno vitale, dopo le sentenze 242/2019 e 135/2024, di cui l’ultima ha esteso alla nozione di sostegno vitale alcune procedure dei caregivers.

Nonostante i Giudici della Consulta abbiano ammonito il legislatore, un’ennesima volta, a pronunciarsi in merito, non esiste un testo condiviso dalle forze di Governo e dall’opposizione che regolamenti la spinosa questione. La Corte sostiene con forza che il Sistema Sanitario Nazionale debba intervenire in materia di fine vita per dare prontamente risposta ed attuazione alle sentenze di cui sopra.

“Non è discriminatorio limitare a questi pazienti la possibilità di accedere al suicidio assistito, e che tale limitazione non viola il diritto all’autodeterminazione del paziente” sostiene la Corte Costituzionale, ma è necessario scongiurare il pericolo che coloro che decidono possano mettere in atto il suicidio assistito subendo la decisione di altri, in ragione del fatto di essere persone fragili, malati o soltanto anziani. La vita è un diritto fondamentale che va tutelato come bene primario e l’autodeterminazione va posta in bilanciamento con il bene primario.

Sostanzialmente il richiamo della Consulta al legislatore è un appello a legiferare e a regolamentare una volta per tutte una questione che fin dalla prima sentenza, nel lontano 2019, il Parlamento non risolve. Inoltre la critica si estende al non equo accesso alle cure palliative che è diversa da regione a regione, ma soprattutto non egalitaria da nord a sud. Lunghe le liste di attesa, anche per le cure domiciliari che in alcuni contesti territoriali non arrivano; scarso numericamente il personale medico ed infermieristico impiegato; insufficiente la presa in carico di pazienti rispetto alla domanda.

La pronuncia della Corte Costituzionale, nella sentenza n. 66, riguarda l’espressione di non fondatezza di varie questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale, sollevate dal Gip territoriale,al quale laProcuraaveva chiesto di archiviare due procedimenti per aiuto al suicidio sostenendo che un malato terminale può scegliere di essere aiutato a morire anche se non è attaccato a macchine che lo tengono in vita e, di conseguenza, non è punibile chi lo aiuta.

I Giudice della Corte Costituzionale, trattandosi di casi nei quali i pazienti avevano rifiutato la prossima sottoposizione a ‘trattamenti di sostegno vitale’, respingendo la questione, sottolineano ancora una volta che il requisito che il paziente dipenda da un trattamento di sostegno vitale è integrato già quando vi sial’indicazione medica della necessità di un tale trattamento, senza che il trattamento sia in atto.

I pazienti dei due casi si sono rivolti all’associazione Luca Coscioni, la quale sta adoperandosi da anni, nell’inerzia del legislatore per l’iter legislativo, cosiddetto alternativo, nel senso di raccogliere le cinquantamila firme occorrenti per depositare presso la Corte di Cassazione la proposta di legge di iniziativa popolare per legittimare l’eutanasia.

Lo scopo della proposta di legge è disciplinare le condizioni e le procedure per richiedere assistenza sanitaria per porre fine volontariamente alla propria vita, anche con l’aiuto attivo del personale sanitario, nel rispetto della dignità umana e dell’autodeterminazione. La proposta di legge, inoltre, mira a superare l’attuale discriminazione tra persone malate dipendenti e non dipendenti da trattamenti di sostegno vitale, fatto questo, come letto nelle diverse pronunce della Consulta, difficilmente superabile.

avv. Maria Antonella Mascaro

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