COMUNICATO 12 MAGGIO 2025
Oggi si celebra la Giornata Internazionale dell’Infermiere, una ricorrenza che richiama l’attenzione su una professione fondamentale per la tenuta del sistema sanitario. Una giornata di riconoscimento, certo, ma anche di riflessione: sul valore sociale degli infermieri, sulle criticità che attraversano ogni giorno e sul silenzio che spesso circonda il loro lavoro. Oggi gli infermieri sono al centro del sistema. In Italia mancano oltre 60.000 infermieri. Solo in alcune regioni, come ha denunciato il sindacato Nursind, la carenza sfiora le 6.000 unità. Ogni anno vanno in pensione più di quanti ne entrano. I reparti si svuotano, le corsie si allungano. Resta chi resiste. La categoria, attraverso le proprie rappresentanze, rivendica una maggiore valorizzazione del ruolo fondamentale che svolge: monitorare terapie, interpretare sintomi, salvare vite, rivendica, altresì, riconoscimenti e soprattutto chiede condizioni dignitose in cui operare e di non subire demansionamenti. La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12139 depositata in data 9 maggio 2025, ha stabilito sul tema che l’infermiere professionale adibito «ordinariamente», e dunque non in via «eccezionale e contingente» ad attività che competono agli operatori socio-sanitari (OSS) ha diritto al risarcimento del danno per la lesione della dignità professionale e dell’immagine subita a causa del demansionamento. Il provvedimento richiamato interviene a definire, respingendolo, il ricorso di una Asl abruzzese condannata dalla Corte di appello di L’Aquila, in via equitativa, a versare al dipendente il 6% della retribuzione per tutto il periodo in cui si era verificato lo svolgimento dell’attività di rango inferiore. La Corte ha messo in evidenza come le mansioni imposte agli infermieri fossero di natura manuale, in netto contrasto con il carattere altamente specializzato e intellettuale della professione infermieristica. Contestando le argomentazioni dell’ASL, che sosteneva che le attività di OSS potessero essere compensate dai professionisti infermieri in caso di necessità, la Cassazione ha chiarito che l’assegnazione di mansioni sotto il proprio livello deve essere giustificata da esigenze concrete e non da scelte casuali o improvvisate. Uno dei punti chiave della sentenza è che le attività inferiori devono rispondere a specifiche necessità organizzative o di sicurezza e devono essere richieste solo in modo marginale o occasionale. Ed invero, nel caso di specie, L’Asl ricorrente aveva tentato di argomentare la legittimità della propria condotta, sostenendo che le attività proprie degli OSS non potessero essere considerate del tutto estranee alla sfera professionale dell’infermiere. A sostegno di questa tesi, l’azienda sanitaria aveva richiamato il Codice Deontologico della professione infermieristica, che prevede una collaborazione e una capacità di far fronte ai disservizi organizzativi. Tuttavia, la Sezione Lavoro della Cassazione ha respinto con fermezza tale interpretazione. Pur riconoscendo, in linea generale, che la richiesta occasionale agli infermieri di svolgere attività tipiche degli OSS possa trovare fondamento nei “doveri di flessibilità” che incombono sul lavoratore pubblico, la Corte ha posto un limite invalicabile: tali attività non devono esprimere contenuti professionali “del tutto estranei” rispetto ai compiti propri dell’infermiere. La Corte ha precisato che, qualora un infermiere venga assegnato sistematicamente a mansioni inferiori, ciò rappresenta, si ribadisce, una lesione della dignità professionale. Estendendo, poi, la portata del suo ragionamento oltre lo specifico ambito degli infermieri, la Cassazione ha enunciato un principio di diritto di portata generale per il pubblico impiego privatizzato: “il lavoratore, venendo in rilievo il suo dovere di leale collaborazione nella tutela dell’interesse pubblico sotteso all’esercizio dell’attività, può essere adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle di assegnazione, ma ciò a condizione che tali mansioni non siano completamente estranee alla sua professionalità, che ricorra una obiettiva esigenza, organizzativa o di sicurezza, del datore di lavoro e che inoltre la richiesta di tali mansioni inferiori avvenga in via marginale rispetto alle attività qualificanti dell’inquadramento professionale del prestatore o che, quando tale marginalità non ricorra, fermo lo svolgimento prevalente delle menzionate attività qualificanti, lo svolgimento di mansioni inferiori sia meramente occasionale”. La pronuncia della Corte di Cassazione sulla questione del demansionamento degli infermieri segna, dunque, un punto di svolta, offrendo spunti di riflessione sul modo in cui le istituzioni sanitarie gestiscono le risorse umane fungendo da monito sull’importanza di rispettare l’inquadramento professionale dei propri dipendenti e di ricorrere all’assegnazione di mansioni inferiori solo in presenza di reali esigenze organizzative o di sicurezza e in via strettamente marginale o occasionale. Naturalmente, la sentenza in esame apre la strada a possibili azioni risarcitorie da parte di altri professionisti sanitari che si trovino in situazioni analoghe, rafforzando la tutela della loro professionalità e dignità sul luogo di lavoro.