Lo scudo penale può diventare realtà?

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

Alla fine del meso scorso, durante il Congresso della Società Italiana d’Organo e di Tessuti, è intervenuto il Ministro di Giustizia per illustrare ancora una volta una serie di interventi legislativi in materia di contenzioso legale in campo sanitario.

L’iniziativa parte da lontano, dal momento che fu lo stesso Ministro Nordio ad istituire una Commissione, capitanata dall’ex Procuratore della Repubblica, dott. Adelchi D’Ippolito, insediatasi ad aprile del 2023 e che, dopo vari tentennamenti ed annunci ha negato lo scudo penale.

L’obiettivo non era l’impunità del medico, ma individuare un perfetto punto di equilibrio tra la piena tutela del paziente e la serenità del medico nella prestazione della sua opera.

Inizialmente si era partiti dalla possibilità di estendere l’operatività dello “scudo penale” per i sanitari, cioè la depenalizzazione dei reati colposi commessi nell’esercizio della loro attività professionale. 

Sono dati ufficiali che, ogni anno in Italia vengono intentate circa cinquantamila nuove azioni legali, mentre ne giacciono oltre trecentomila nei tribunali contro medici e strutture sanitarie, ma nel 97% dei casi, in ambito penale, si traducono in un nulla di fatto, con il proscioglimento o l’assoluzione nel merito del medico. Questo, però, comporta costi giganteschi per lo Stato e, dunque, per i cittadini.

Il problema degli errori medici esiste, e non solo in Italia, ma si tratta spesso di infezioni correlate all’assistenza sanitari che si trasformano in decessi nell’1% dei casi. 

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che il medico risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali nei casi in cui l’evento si è verificato per colpa anche lieve dettata da imprudenza, negligenza o imperizia nelle ipotesi in cui il caso non è regolato dalle linee guida o, manchino le buone pratiche clinico-assistenziali; oppure in quello di errore nell’individuazione della tipologia di intervento e delle relative linee guida non adeguate al caso concreto.

Nella sostanza, nella relazione della Commissione si evidenziano alcuni punti fondamentali quali la punibilità del medico solo per colpa grave e mai per colpa lieve, ma diversamente da quanto annunciato non si è dato corso alla depenalizzazione dell’atto medico, a parere della commissione, per non incorrere in questioni di costituzionalità che potrebbero violare il principio di uguaglianza.

Si è, pertanto, ritenuto di punire il medico solo nei casi di colpa grave e mantenere, in campo civilistico, la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, riservando l’onere della prova sul denunciante/attore.

C’è un richiamo sempre più forte ad attenersi alle linee guida, che non devono mai mancare, ma anzi essere sempre più precise e dettagliate.

In questo la scienza medica corre molto più velocemente nella pratica, dunque l’elaborazione delle linee guida non sta al passo con il progresso, invece, garanzia di impunità anche per le strutture sanitarie, sarebbe la prova di avere e seguire adeguate, efficienti e inattaccabili linee guida da opporre, se occorre, in giudizio.

Il Ministro, nel corso del suo intervento, ha evidenziato alcuni aspetti contenuti nel nuovo disegno di legge, da poco licenziato dal Consiglio dei Ministri, che limiterebbe la responsabilità dei medici alle sole ipotesi di colpa grave e di imprudenza manifesta.

Fra i focus evidenziati dal Ministro c’è la modifica riguardo all’avviso di garanzia con cui un medico viene formalmente considerato indagato durante un procedimento penale. E’ prevista una modifica del codice penale nel senso che il sanitario sarà maggiormente tutelato e non sarà iscritto immediatamente nel registro degli indagati, con la possibilità di chiedere al giudice di nominare consulenti tecnici a loro supporto, senza affrontare il peso dello status di indagato.

Altro importante innovazione presente nel disegno di legge di riforma sulla responsabilità medica, riguarda la revisione del nesso eziologico nella responsabilità penale, specie per quanto afferisce alla responsabilità omissiva. Il nesso causale costituisce il punto centrale per prevedere un’esistenza o meno di colpa, specie se grave; pertanto una commissione di esperti è stata incaricata di studiare una proposta normativa che consenta un bilanciamento tra tutela della salute pubblica e salvaguardia dei medici.

Ulteriore attenzione viene posta sulla circostanza che pochissime indagini preliminari aperte a carico di professionisti della sanità, sfociano in sentenze di condanna. Il processo genera costi e preoccupazione ai medici, i quali si trovano sovente costretti a esercitare una cosiddetta “medicina difensiva”, quindi a prescrivere esami e trattamenti non sempre necessari per scongiurare rischi legali. Ciò incrementa gli sprechi mettendo a rischio l’efficacia e la qualità delle cure.

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