Attesa per la sentenza TAR Lazio sul nuovo nomenclatore

È fissata per domani l’udienza di merito per alcuni ricorsi contro il nuovo nomenclatore tariffario del Sistema Sanitario Nazionale, dopo che il TAR Lazio ha rigettato le istanze cautelari e fissato l’udienza pubblica per il 27 maggio 2025. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha, infatti, respinto le richieste di sospensione cautelare relative al nuovo nomenclatore tariffario da parte delle associazioni degli ambulatori e centri privati accreditati e diversi laboratori di analisi cliniche che avevano contestato il nuovo nomenclatore tariffario entrato in vigore a fine 2024 con decreto del ministero della Salute (cd Decreto tariffe). I giudici hanno evidenziato nell’ordinanza che proprio in considerazione delle “delicatezza e complessità della questione”, si è proceduto direttamente alla fissazione “dell’udienza pubblica del 27 maggio 2025 ai fini della trattazione nel merito degli altri ricorsi”. Domani si deciderà sull’entrata in vigore del nuovo tariffario ma sulla questione si è già acceso il dibattito tra operatori, cittadini e istituzioni. Si sostiene da più parti che con l’introduzione del nuovo nomenclatore tariffario si rischia di minare alla base uno dei pilastri fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): l’accesso equo e universale ai servizi sanitari. Le più colpite sono le Strutture accreditate atteso che Il nuovo nomenclatore, che aggiorna il tariffario per gli esami e le prestazioni in convenzione, introduce tariffe drasticamente ridotte, con tagli medi del 30% e, in alcuni casi, fino all’80%. Le contraddizioni sono rappresentate da esempi emblematici: il rimborso per una risonanza magnetica alla colonna, che scenderà da 231,60 euro a 133,20 euro, e quello per un test Beta Hcg, utilizzato per la diagnosi di gravidanza, che passerà da 9,98 euro a 3,55 euro. Un impatto devastante sulle strutture sanitarie. La conseguenza fisiologica sarà l’impossibilità per le strutture sanitarie di erogare prestazioni, acuendo le disuguaglianze territoriali. Tra l’altro, la confusione è acuita dal fatto che alcune regioni hanno già adottato i nuovi codici tariffari, mentre altre continuano ad utilizzare il vecchio nomenclatore. “Le tariffe introdotte dal recente Decreto ministeriale di fine dicembre -dice l’avvocato Luca Barone di Legal Healthcare, che sta seguendo il ricorso sotto il profilo giuridico- non tengono conto dell’incremento dei costi e delle difficoltà operative causate dalla pandemia e dalla crisi economica. L’istruttoria che ha condotto all’approvazione delle tariffe è risultata inoltre incompleta e lacunosa. Non è stata garantita una rappresentazione adeguata dei costi reali e delle esigenze delle strutture sanitarie accreditate. Senza dimenticare l’evidente violazioni dei principi costituzionali”. Il governo difende la riforma, sostenendo che il nuovo nomenclatore mira a modernizzare il sistema sanitario e ad ampliare il numero di prestazioni disponibili. Tuttavia, le critiche si concentrano proprio sulla mancata contestualizzazione economica delle tariffe definendo, di conseguenza, Incomprensibile quindi l’idea di ridurre tariffe già ferme da venti anni. La pronuncia del TAR, prevista per domani, potrebbe segnare un punto di svolta. Se il tribunale amministrativo dovesse accogliere i ricorsi presentati dalle associazioni di categoria, il governo potrebbe essere costretto a rivedere le tariffe. In caso contrario, le strutture private potrebbero decidere di ridurre i servizi convenzionati, lasciando molti cittadini senza alternative accessibili. Non resta che attendere l’esito di quella che per molti è considerata una sentenza di portata storica per la sanità pubblica italiana.

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