COMUNICATO 18 MARZO 2025
La riforma dei medici di famiglia, che vive, attualmente, una battuta di arresto, prevederebbe che i medici di famiglia passino ad essere da liberi professionisti a dipendentiServizio Sanitario Nazionale: sarebbe questo lo schema su cui il governo Meloni starebbe lavorando da diversi mesi e di cui ora ci sarebbe una bozza.
A oggi, secondo il modello della libera professione, i medici di medicina generale diventerebbero liberi professionisti, convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, ma dotati di un proprio studio privato e di ampia autonomia organizzativa. Sarebbe la convenzione con il Ssn a consentire di prendere in carico i pazienti.
La riforma subisce un momento di stallo ma se fosse approvata, la situazione cambierebbe radicalmente, perché verrebbe a crearsi un rapporto di impiego diretto con il Servizio sanitario nazionale. L’esigenza del cambiamento era emersa a più riprese, dopo la pandemia, quando diversi assessori regionali avevano lamentato l’inadeguatezza delle convenzioni in essere a rispondere alle esigenze sanitarie dei territori
Secondo la bozza del testo di riforma, i nuovi medici di famiglia verrebbero assunti dal servizio sanitario nazionale, a differenza di quelli già in servizio che potrebbero scegliere se rimanere liberi professionisti o passare al nuovo regime.
Il nuovo modello in discussione prevede che i medici di famiglia alternino l’attività svolta verso i propri assistiti con quella a disposizione delle comunità locali, anche nelle case e negli ospedali di comunità, i quali hanno subito, a loro volta, una battuta di arresto nella loro costruzione o riconversione.
L’impegno orario del “nuovo medico di famiglia” si attesterà sulle 38 ore settimanali, da svolgere in parte per i propri pazienti, in parteda destinare alle esigenze territoriali.
L’obiettivo principale è garantire un medico disponibile tutto il giorno, tutti i giorni anche nei piccoli Comuni, sfruttando appieno gli ambulatori pubblici, messi a disposizione dalle Regioni e anche dalle Case di comunità, pur se queste ultime tardano ad essere costruite e sono finanziate dal PNRR.
Cambia anche il percorso formativo per diventare medico di medicina generale. Si passerà, infatti, da un corso triennale organizzato a livello regionale ad una specializzazione universitaria della durata di quattro anni, equiparata a quella degli ospedalieri.
Dunque, i nuovi professionisti verrebbero assunti come dipendenti del Servizio sanitario nazionale con orari e contratti nazionali. Non ci sono, però, dettagli in merito al trattamento economico. Di conseguenza sarà diversamente regolamentato il sistema contributivo previdenziale.
Come di sopra si accennava, la cosiddetta riforma è ad un punto morto, essendo state, peraltro, sollevate molte polemiche dai medici stessi e dalle associazioni di categoria e sindacati, ma i dubbi permangono e si attendono indicazioni dal Ministero della Salute, proponente del testo di riforma.
Permangono una serie di dubbi, ad esempio, sul numero di ore che i medici dovrebbero effettuare nelle case di comunità e sulla loro formazione. La pressione sulla riforma pare provenire anche dalle Regioni, poiché gli studi dei medici di base, attualmente sono aperti per 15 ore circa a settimana, laddove aumenta la popolazione anziana e, ad ogni modo, non sono più sufficienti a coprire l’utenza.
avv. Maria Antonella Mascaro