a cura dell0avv. Maria Antonella Mascaro
I social sono vissuti sempre più pericolosamente nella vita degli adolescenti, ma sarebbe anacronistico pensare ad una retromarcia magari basata su contingentamenti e divieti. E comunque, semmai fosse possibile, sarebbe anche insensata. L’evoluzione (sociale e tecnologica) andrà sempre avanti e, proprio nel caso di internet, quel tanto che fa intravedere l’intelligenza artificiale, dimostra come tra poco tempo, anche i social, saranno antiquati.
Questa prospettiva, tuttavia, non deve lasciare gli adolescenti, tra i massimi fruitori dei social, liberi di agire a piacimento agendo secondo una morale per cui attraverso la rete ritengono legittimo adottare comportamenti che, nella realtà, non terrebbero.
Secondo dati elaborati dal Laboratorio Adolescenza IARD, riguardante gli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia nella fascia di età fra i 12 e 19 anni, è emerso un aspetto molto spiacevole riguardo il cattivo utilizzo dei social; ciò l’invio di immagini o video personali dal contenuto sessuale sui propri profili o indirizzate a interlocutori conosciuti, senza apparentemente porsi il problema del rischio nel quale si può incorrere, per la maggior parte dei casi, in considerazione della fiducia posta nell’amico/a cui si invia l’immagine.
Secondo lo studio il 34% riconosce che non è prudente, ma è comprensibile che si faccia, mentre il 45% afferma che non andrebbe mai fatto, ma poi, almeno in parte, lo fa.
Per non parlare della consapevolezza di poter essere “bannati” dai social, oppure di incorrere nel revenge porn.
Dunque, la maggior sorpresa consiste nella consapevolezza che tali comportamenti sono adottati nonostante ci sia un’ampia consapevolezza dei rischi cui i ragazzi sono esposti: dal revenge porn alla diffusione virale delle immagini; dalla compromissione della propria immagine fino a un inesistente reato contro la morale, ma è maggiore la preoccupazione che l’invio di immagini sessualmente rilevanti li esponga al rischio di essere eliminati dalla piattaforma, più che la gravità del resto.
In questa prospettiva è difficile anche pensare ad una maggiormente adeguata regolamentazione del fenomeno, se non attraverso un percorso educazionale che cominci sempre prima, in particolare nella scuola: dalla fine della scuola primaria, o comunque, dall’inizio della secondaria di primo grado; in pratica da quando sempre più presto i ragazzi vengono in contatto attraverso l’uso dei cellulari delle applicazioni che li aprono al mondo dei social.