COMUNICATO 20 FEBBRAIO 2025
La prima sentenza che fa giurisprudenza sul punto attribuisce il risarcimento del danno morale soggettivo e del danno biologico da parte dell’azienda sanitaria locale in favore di un’infermiera aggredita, mentre lavorava nel triage di un Pronto Soccorso.
Si tratta della Corte territoriale di Ancona per fatti accaduti al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Ascoli Piceno nel lontano 2017. La sentenza rappresenta il primo severo monito, affinchè le aziende sanitarie locali adottino tutte le misure atte all’evitabilità del fenomeno di aggressione nei confronti del personale sanitario.
Pur trattandosi di una sentenza del Giudice di secondo grado, dunque ancora sub iudice, essendo possibile (certo) il ricorso per cassazione, al momento il provvedimento fa discutere e sarà certamente analogicamente applicato per i casi di aggressione al personale sanitario, in generale.
Nel caso di cui trattasi un’infermiera era stata aggredita furiosamente da un paziente in attesa di essere visitato, circa un’ora prima dell’inizio del turno di vigilanza notturna. La Corte d’appello ha stabilito che “c’è una responsabilità (seppure indiretta) dell’azienda nella determinazione dell’evento lesivo”.
Secondo il giudice di seconde cure sussistono “specifiche omissioni datoriali nella predisposizione di quelle misure di sicurezza suggerite dalla particolarità del lavoro, dall’esperienza e dalla tecnica, necessarie ad evitare il danno”.
Ciò che fa riflettere sui fatti e sulla decisione spinge inevitabilmente verso alcune osservazioni che non possono essere taciute, in quanto come è necessario, indispensabile adottare tutte le misure possibili e anche oltre l’immaginabile per proteggere il personale sanitario, posto sempre più a rischio, specialmente nelle sale di emergenza, così deve essere fatta una seria riflessione sui fondi sempre più esigui, anzi inesistenti, attribuiti alla sanità, ed in particolare se ve ne sono fra questi, alcuni diretti alla protezione del personale sanitario.
L’inadempimento, se così si vuole intendere ciò che ha affermato la Corte di Appello, da parte dell’azienda sanitaria in questione, pur riferendosi a criteri legislativi, quali le indicazioni della raccomandazione del Ministero della Salute, risalenti al 2007, per prevenire atti di violenza nei confronti del personale, devono poter fare i conti con i mezzi che sono messi a disposizione per la prevenzione di questi atti.
La normativa attuale, a seguito dell’introduzione del nuovo reato dedicato alle lesioni al personale sanitario, con l’inserimento di una specifica forma antigiuridica aggravata, cozza con la diminuzione dei fondi destinati alla sanità.
L’applicazione analogica dei principi, giusti e sacrosanti, sanciti nella sentenza di secondo grado e a favore di un legittimo risarcimento della vittima, farà sì che tutte le strutture pubbliche, private accreditate e meramente private dovranno dotarsi di misure di prevenzione molto costose, che nel caso dei privati peseranno sulle voci di bilancio in modo molto consistente, ma ancor più nel settore pubblico potrebbero non essere attuate a causa della mancanza di fondi, o, comunque attuate in piccola percentuale, tanto da determinare, comunque, di essere costrette ad un risarcimento del danno che, purtroppo, non si è in grado di retribuire.
Questo discorso è ancor più importante se si pensa alla quasi impossibilità di assicurare il rischio per le aziende, dal momento che il premio sarebbe molto ingente, a volte non quantificabile.
avv. Maria Antonella Mascaro