Responsabilità della struttura sanitaria in caso di trattamento sanitario obbligatorio illegittimo

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

La Corte di Cassazione Civile si è pronunciata con la sentenza n. 33290/2024 su un importante argomento che chiarisce il tema della responsabilità civile rispetto all’illegittima privazione della libertà nel caso di un trattamento sanitario obbligatorio (TSO).

Il tema riguarda un caso di illegittimità del trattamento, per il quale verrebbe da pensare che un risarcimento del danno sia dovuto. La Corte Suprema, tuttavia, sostiene che il risarcimento del danno non può essere automaticamente riconosciuto, ma deve essere provato.

Il caso

Un soggetto cheaveva subito un trattamento sanitario obbligatorio, dichiarato, poi, illegittimo, ha richiesto il risarcimento dei danni. La Corte di Appello adita ha rigettato la domanda, sostenendo che non fosse stata fornita adeguata prova del danno subito.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, si è pronuncia in conformità alla Corte territoriale, mettendo in luce la necessità di dimostrare l’esistenza di un danno ingiusto come conseguenza della privazione della libertà. L’annullamento del TSO per illegittimità non esime il ricorrente dall’onere di provare il danno subito.

La sentenza richiama importanti principi giuridici, in particolare quelli relativi all’art. 2043 c.c., cioè la responsabilità extracontrattuale e l’art. 2059 c.c., che disciplina i danni non patrimoniali, nonché i diritti sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. In particolare, la Cassazione ha evidenziato che ogni trattamento sanitario obbligatorio, pur se illegittimo, necessita di una valutazione accurata dei danni subiti, che il richiedente deve provare in quanto non gli vengono riconosciuti per il solo fatto dell’illegittimità del trattamento, ma solo attraverso un’accurata valutazione probatoria. Dunque, il ricorrente, deve dare dimostrazione che il trattamento abbia causato un danno patrimoniale e non patrimoniale, direttamente collegati, dunque causalmente connessi al trattamento illegittimamente subito. Di contro, la fragilità psicologica del paziente non deve essere considerata una scusante per negare la valutazione del danno.

Questa sentenza è importante perchè afferma la centralità della prova nella quantificazione del danno non patrimoniale, sottolineando che anche in caso di violazione dei diritti fondamentali, come la libertà individuale della persona, quest’ultima deve dimostrare le conseguenze negative subite.

In ogni caso il provvedimento rappresenta un monito per le strutture sanitarie e le autorità competenti, affinché si attengano ai principi di legalità e al rispetto dei diritti individuali.

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