Il decreto che individua i nuovi criteri e requisiti valevoli per tutte le Strutture sanitarie private, che intendano operare o continuare ad operare nel servizio sanitario con remunerazione pubblica, sarebbe dovuto entrare in vigore il prossimo 31 dicembre 2024 così come previsto dal “milleproroghe” dello scorso anno.
L’emendamento presentato e votato alla Camera dei Deputati ha, invece, previsto: “Al fine di consentire una revisione complessiva della disciplina relativa all’accreditamento istituzionale e alla stipula degli accordi contrattuali per l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio sanitarie in nome e per conto del Servizio sanitario nazionale”, di sospendere, fino alla data del 31 dicembre 2026 l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto del Ministro della salute del 19 dicembre 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2022. Inoltre, la proposta emendativa contempla che:
Per le medesime finalità, entro il termine di cui al comma 1, il Ministero della salute provvede a istituire un tavolo di confronto con le Regioni, le altre amministrazioni interessate e le Associazioni di categoria maggiormente rappresentative. Nella definizione della disciplina di cui al presente articolo, il Ministero della salute tiene conto, prioritariamente, dei seguenti principi: ai fini della stipula degli accordi contrattuali, le procedure di individuazione dei contraenti non devono prevedere criteri di valutazione comparativa dei costi, ivi compresi criteri che impongono l’applicazione di sconti obbligatori sulle tariffe delle prestazioni sanitarie da erogare; le procedure di individuazione dei contraenti e gli accordi contrattuali non possono avere ad oggetto le specifiche prestazioni da erogare, ma gli ambiti disciplinari medico chirurgici ai quali afferiscono; le procedure di individuazione dei contraenti e gli accordi contrattuali non possono avere una durata inferiore ai cinque anni; le procedure di individuazione devono prevedere l’assegnazione di punteggi preferenziali per le aziende già operanti nell’ambito territoriale di riferimento, tenuto conto dei livelli occupazionali esistenti e degli investimenti effettuati per il miglioramento della qualità delle prestazioni e dei servizi sanitari; nel caso in cui un contraente, alla scadenza dell’accordo contrattuale, non venga nuovamente individuato quale soggetto erogatore, deve essere previsto in favore del contraente uscente il riconoscimento di un indennizzo a carico del contraente subentrante pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine dell’accordo contrattuale, nonché pari a quanto necessario per garantire al contraente uscente un’equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni. Tuttavia, le questioni e gli interrogativi sulla nuova disciplina restano aperti. In particolare, va escluso che si possa configurare una sorta di doppio binario tra vecchie e nuove strutture/attività sul piano dell’accreditamento e della contrattualizzazione; e come sia piuttosto necessario preservare, a regime, un sistema coerente e unitario di offerta di prestazioni a remunerazione pubblica proprio in ossequio alla logica di derivazione eurounitaria ispirata ai principi della concorrenza (seppure “amministrata”). L’obiettivo da perseguire è, pertanto, quello di porre in una posizione di parità tutte le strutture operanti nel perimetro del servizio sanitario nazionale/regionale e questo è il principale scopo della prevista fase transitoria biennale, che si sta prolungando proprio per consentire gli adeguamenti delle strutture preesistenti – le quali devono necessariamente operare secondo i medesimi standard di qualità, venendo in rilievo un sistema in cui tutte le strutture sono soggette a periodiche verifiche sulla permanenza dei requisiti per l’accreditamento.