Il rapporto fra la pronuncia per particolare tenuità del fatto e la responsabilità degli enti ex D.lgs 231/2001

a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata, con la sentenza n. 37337 del 10 ottobre 2024 sul rapporto fra formula di riconoscimento della particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131 bis c.p. e contestazione dell’illecito amministrativo all’ente.

Il tema riguarda una costante giurisprudenziale secondo la quale  la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p. non è applicabile alla responsabilità amministrativa dell’ente per i fatti commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai propri dirigenti o dai soggetti sottoposti alla loro direzione prevista dal d.lgs. 231/2001, in considerazione della differenza esistente tra i due tipi di responsabilità.

Il caso

Il Tribunale territoriale aveva dichiarato non punibile per la particolare tenuità del fatto, il direttore tecnico e amministrativo di una società per il reato di cui all’art. 256, commi 1 lett. a) e b), del d.lgs. n. 152 del 2006, poiché, nella sua qualità, gestiva un centro di raccolta di rifiuti urbani differenziati, pericolosi e non, in assenza dei requisiti
minimi tecnico-gestionali, di cui ai D.M. 8.4.2008 e 13.5.2009, in particolare non adottando le procedure di contabilizzazione dei rifiuti in ingresso e in uscita.

In realtà, secondo quanto impugnato dal ricorrente, era emerso dall’istruttoria che l’imputato era il legale rappresentante della società che gestiva il centro di raccolta di rifiuti urbani del comune territoriale, essendo munito di tutte le autorizzazioni e in virtù di regolare contratto di appalto. La contestazione, dunque, non riguardava l’aspetto organizzativo, ma la mancata adozione, per i soli primi due mesi di attività, della contabilizzazione dei rifiuti in ingresso e in uscita. Il fatto era, dunque, al più, inquadrabile in una sorta di contravvenzione amministrativa.

Pertanto, tale prova, se ritenuta vera, avrebbe determinato la formula assolutoria piena dell’imputato.

Alla società era, invece, stato contestato l’art. 25 undecies del D.lgs. 231/2001, a causa del reato contestato all’imputato che rientra nella categoria dei reati presupposto del decreto, e, dunque, applicando in automatico la formula senza aver motivato se la responsabilità dell’ente esista autonomamente.

La decisione della Corte di Cassazione

La decisione della Corte è stata di annullamento della sentenza con rinvio per nuovo giudizio, sul presupposto che l’autonomia delle responsabilità, quella dell’imputato accreditato e la conseguente dell’ente per applicazione del D.lgs 231/2001: “esclude chel’eventuale applicazione all’agente della causa di esclusionedella punibilità per la particolare tenuità del fatto, impedisca di applicare all’ente la sanzione amministrativa, dovendo egualmente il giudice procedere all’autonomo accertamento della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso”.

Si tratta, dunque, di un’esclusione di automatismo fra il reato, imputato alla persona e la responsabilità amministrativa dell’ente, nel senso che il giudice dovrà sempre dare motivazione della prova dell’esistenza della responsabilità. In questo caso erano stati accolti i motivi sul difetto di motivazione.

Dunque mentre l’“automatismo”, se così si può intendere, è da richiamarsi quando la responsabilità dell’apicale o del sottoposto è chiara, convincente ed è commessa affinchè la società ne tragga un interesse o un vantaggio, quando ci si trova nell’alveo delle cause di non punibilità per tenuità del fatto, dunque il fatto c’è ma è lieve, è necessario ancor più dare e motivare una eventuale e non automatica responsabilità dell’ente.

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