a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
I dati delle ricerche condotte nel campo delle nuove sostanze stupefacenti in relazione ai disturbi alimentari, all’autolesionismo, alla disforia di genere, con un focus sui più giovani nel periodo post Covid, confermano come una tendenza che era già in atto prima della pandemia sia esplosa dopo i vari lockdown.
I giovani mandano un segnale molto chiaro. Molti neuropsichiatri infantili spiegano che le richieste di aiuto da parte dei più giovani fossero in aumento già da tempo ma che, dopo il Covid, sono aumentate in gravità.
Per non parlare dell’aumento dei disturbi alimentari dei più giovani, ancora molto legati ad un pregresso di sofferenza familiare o personale, ma non solo, in considerazione dell’incidenza dei social e dei meccanismi che mettono in moto: bullismo, cyberbullismo, violenza verbale e psicologica, dunque incremento della fragilità.
Altro fattore le sostanze stupefacenti o similari: le nuove droghe sintetiche.
Non vi sono mai state tante sostanze a disposizione come oggi. Molte di queste si possono acquistare su internet a poco prezzo, anche grazie alla falsa percezione di innocuità che i più giovani hanno di queste sostanze.
Altro argomento da non sottacere riguarda la violenza verso se stessi e verso gli altri che deve far nascere canali di ascolto ai quali gli adolescenti possono rivolgersi, se stanno vivendo un momento di difficoltà emotiva.
La sofferenza mentale in adolescenza è in notevole crescita.
Dal 1978 al 2019 il SSN, in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6
anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Ciò accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent’anni fa).
Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra. E’ qui che si deve far in modo che il privato venga in soccorso del pubblico, ma in un sistema bilanciato e dove diritti e doveri siano condivisi fra settore pubblico e settore privato.
Se ciò non si verificherà, oltre al contrasto con l’art.32 della Costituzione, si andrà incontro al fallimentare modello USA, molto più oneroso e meno efficace. La spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute.
È dunque necessario un piano straordinario di finanziamento del SSN e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali.
La allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza nell’uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità del sistema. Ma il SSN deve recuperare il suo ruolo di luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute.
Nel fare questo non si possono tralasciare i problemi degli adolescenti su menzionati. Parte dei finanziamenti del servizio sanitario pubblico devono essere destinati ai giovani, le prestazioni per questa fascia di popolazione che rappresenta il futuro dei paese, non può e non deve essere lasciata sola o non considerata nei livelli essenziali di assistenza, d unque comprendendo i disturbi alimentari e tutta l’assistenza psicologica e psichiatrica di cui i giovani hanno bisogno, per non parlare di un adeguato sistema pubblico che sopperisca la chiusura o il sottodimensionamento dei SERT, intesi come supporto non solo e non tanto farmacologico, ma psicologico.
Da decenni si parla di continuità assistenziale (ospedale-
territorio-domicilio e viceversa), ma i progressi in questa
direzione sono timidi.
Oggi il problema non è più procrastinabile: tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65 anni (molti di loro affetti da almeno una patologia cronica) e il sistema, già oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli.