a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Quando si parla di infezioni nosocomiali si è in presenza di una responsabilità, quasi di tipo oggettivo da parte della struttura.
Due sentenze della Suprema Corte di Cassazione (Sez. III Civ. n. 5490/2023 e n. 6386/2023) hanno delineato un decalogo per verificare come le strutture possano provare di non avere responsabilità nel caso di infezioni correlate all’assistenza sanitaria.
Sentenza n. 5490/2023
Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha chiarito che: “incombeva alla struttura sanitaria convenuta, al fine di esimersi da ogni responsabilità per il decesso della paziente, l’onere di fornire la prova della specifica causa imprevedibile e inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione, intesa, quest’ultima, non già, riduttivamente, quale mera astratta predisposizione di presidi sanitari potenzialmente idonei a scongiurare il rischio di infezioni nosocomiali a carico dei pazienti, bensì come impossibilità in concreto dell’esatta esecuzione della prestazione di protezione direttamente e immediatamente riferibile alla singola paziente interessata”.
Sentenza n. 6386/2023
Con questa seconda sentenza ha specificato che: “incombeva sugli attori l’onere di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale della struttura, vale a dire il fatto colposo (consistente nel mancato approfondimento delle conseguenze della caduta dalla sedia, in soggetto sovrappeso, che avrebbe consentito di individuare prima l’esistenza di una estesa infiammazione e di somministrare prima la terapia antibiotica, e nell’inadeguata sorveglianza sulla sterilità della struttura ospedaliera), il pregiudizio che da questo fatto è conseguito alla defunta e il nesso causale tra il fatto colposo e il danno”.
Inoltre: “A fronte della prova presuntiva della relativa contrazione in ambito ospedaliero (nella specie, non contestata in causa), ed ai fini della dimostrazione di aver adottato, sul piano della prevenzione generale, tutte le misure utili alla prevenzione delle infezioni … gli oneri probatori gravanti sulla struttura sanitaria devono ritenersi…… a) L’indicazione dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali; b) L’indicazione delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria; c) L’indicazione delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami; d) Le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande; e) Le modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti; f) La qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento; g) L’attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica; h) L’indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori; i) Le procedure di controllo degli infortuni e delle malattie del personale e le profilassi vaccinali; j) L’indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti; k) La sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio; l) La redazione di un report da parte delle direzioni dei reparti da comunicare alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella; m) L’indicazione dell’orario della effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio”.
Dalla lettura combinata delle due sentenze si conclude che l’onere probatorio a carico della struttura sanitaria, che sia essa pubblica o privata è ancora più rigido, non essendo sufficiente il deposito di protocolli, ma necessaria la prova positiva di avere seguito quei protocolli.
Se dunque grava sul soggetto danneggiato la prova della diretta riconducibilità̀ causale dell’infezione alla prestazione sanitaria; dall’altra parte incombe sulla struttura sanitaria, al fine di esimersi da ogni responsabilità, dimostrare di aver eseguito tutte le procedure contenute nei protocolli.
L’accertamento della responsabilità̀ della struttura sanitaria dev’essere effettuato sulla base di vari criteri: quello temporale relativo al numero di giorni trascorsi dalle dimissioni dalla struttura alla comparsa dell’infezione; quello topografico riguardante il sito chirurgico dell’intervento; quello clinico che deve riguardare le misure di prevenzione da adottare per escludere la colpa.
Inoltre la Consulenza Tecnica di Ufficio deve verificare la mancanza o insufficienza di direttive generali in materia di prevenzione e il mancato rispetto delle stesse, nonché dell’omessa informazione circa la possibile inadeguatezza della struttura per l’indisponibilità di strumenti essenziali e della eventuale effettuazione di un ricovero non sorretto da alcuna esigenza di diagnosi e cura, associato ad un trattamento non appropriato.