a cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Il cosiddetto “straordinario” del medico è stato oggetto di pronunce della Suprema Corte molto di sovente. In particolare nell’ultima, in ordine di tempo, ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, era stato stabilito conformemente al passato che il lavoro “straordinario” del medico dirigente, pur se di primo livello, non può essere ricompensato se non relativamente ai servizi di guardia e di reperibilità e previa autorizzazione del datore di lavoro. Questa statuizione che si ritrova nell’ordinanza n. 32832 del 2023, in realtà, si sovrappone perfettamente alla norma di legge, cioè all’art. 65 comma 3 del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro stabilito per la dirigenza medica (5.12.1996) che recitava: “La retribuzione di risultato compensa anche l’eventuale superamento dell’orario di lavoro per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato”. L’ordinanza citata sposa in pieno l’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 9246/2009) che hanno affermato che: “il lavoro straordinario possa essere compensato mediante la corresponsione di una indennità di risultato mirante a sanare anche l’eventuale superamento del monte ore settimanale fissato dalla contrattazione collettiva”.
Il ricorrente dirigente medico aveva impugnato una decisione della Corte territoriale per violazione dell’articolo 36 della Costituzione e dei principi normativi in materia di giusta retribuzione del lavoro straordinario dettati dalle direttive europee 93/104/CE e 2000/34/CE.
La Corte nell’ordinanza ha evidenziato che il lavoro straordinario del dirigente medico è compensato dalla retribuzione di risultato, senza distinguo fra il superamento dell’orario per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato e quello imposto dalle esigenze del servizio ordinario. Quasi a dire che l’esigenza superiore raggiunta con il risultato è sufficiente a compensare lo “straordinario” necessario al suo raggiungimento.
La Corte era stata conforme e concordante nelle pronunce tanto è vero che anche nel 2020 aveva stabilito che l’“eccedentarietà” dell’orario di lavoro non può essere considerata come straordinario, ma rientra nel raggiungimento degli obiettivi di budget e nelle quote di retribuzione di risultato.
Tutto quanto affermato ed espresso mal si concilia con il contratto collettivo appena entrato in vigore. Infatti, l’art. 70, comma 9, del Ccnl del 23 gennaio 2024, relativo ai contratti della dirigenza sanitaria, ha, sostanzialmente, abrogato l’ultimo periodo dell’art. 65, comma 3, del Ccnl del 5.12.1996 di cui si è parlato sopra e secondo il quale si negava il pagamento dello “straordinario”, se non per le guardie notturne e festive, nonchè per la reperibilità.
Dunque, lo “straordinario” andrà retribuito. Le aziende sanitarie devono trovare una soluzione dal momento che non potranno resistere alle numerose vertenze dei medici.