A cura dell’avv. Maria Antonella Mascaro
Una nostra associata ci pone un quesito interessante che merita un parere sulla possibilità di fornire alla famiglia di un ricoverato deceduto per Covid-19 informazioni sensibili sull’organizzazione del reparto in cui questi è stato ricoverato.
I familiari di un paziente di una struttura sanitaria, deceduto qualche tempo addietro, hanno richiesto all’amministrazione sanitaria oltre alla cartella del loro parente anche informazioni relative agli eventuali spostamenti di reparto che lo hanno interessato nonché i nominativi delle persone ricoverate e degenti insieme al medesimo durante tutto il periodo di ricovero nella stessa struttura sanitaria, le loro patologie e/o se fossero positivi al Covid.
La richiesta è sottesa al reperimento di dati che supportino una denuncia per omicidio colposo nei confronti dei sanitari e della struttura che ebbero in cura il paziente, il quale, avendo contratto l’infezione da Covid durante la degenza, sarebbe deceduto per l’aggravamento delle condizioni di salute che ne avevano determinato l’iniziale ricovero.
Occorre osservare che la richiesta da parte dei familiari di un deceduto della cartella sanitaria è un diritto riconosciuto e non eludibile.
Entro 30 giorni (art. 12 GDPR) dalla richiesta, deve essere dato accesso ai dati completi della cartella che viene rilasciata a chi ne abbia diritto.
La richiesta della cartella del defunto può essere effettuata, secondo quanto disposto dall’art. 536 Codice civile e 2 terdecies del regolamento sulla Privacy da un suo legittimario e, nello specifico: il coniuge; i figli naturali o adottivi; gli ascendenti (in mancanza dei parenti sopracitati); i discendenti dei figli naturali o legittimi in mancanza dei figli e del coniuge); gli eredi testamentari.
Il Codice della privacy consente di accedere ai dati clinici di un defunto a chi ha un interesse proprio o agisce a tutela dell’interessato oppure per motivi familiari meritevoli di tutela, ritenendo che in questi casi non sia compromessa la garanzia dei dati personali della persona deceduta. L’Autorità specifica che l’interessato, cioè il legittimario, ha il diritto ad accedere alla cartella clinica del defunto senza essere tenuto a fornire delle giustificazioni sui motivi di tale richiesta.
Nell’articolo 2-terdecies si trova un’importante limitazione a tale diritto ossia l’espresso divieto dell’interessato fornito con dichiarazione scritta comunicata al titolare del trattamento. Naturalmente, tale divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio dei diritti e la difesa degli interessi dei legittimari.
Nel caso di specie, si deve osservare che la richiesta così formulata riguarda non soltanto dati sanitari e logistico/organizzativi riguardanti il parente dei richiedenti ma incide anche su dati sensibili di altri soggetti terzi (luogo e tempo del ricovero e patologie in atto).
Non v’è dubbio che tali dati sono coperti da riservatezza e anche se di interesse per i richiedenti, questi ultimi non rivestono la qualità di legittimari o eredi (anche in astratto) degli altri degenti.
Pertanto, la struttura dovrà rispondere a questa richiesta limitandosi a rendere disponibile entro 30 giorni la cartella clinica e gli altri documenti connessi al ricovero del parente dei richiedenti.
E’ opportuno aggiungere che, in caso di denuncia all’autorità giudiziaria e di iscrizione nel registro degli indagati del procedimento così originato, il Pubblico Ministero procedente o il difensore della persona offesa potranno richiedere tutte le informazioni utili, comprese quelle che sono state avanzate nel caso in esame dagli eredi in una fase che appare troppo anticipata.
Il PM opererà con un’ordinanza di sequestro di atti e documenti e il difensore con i diritti riconosciutigli dagli artt. 391 bis e seguenti del Codice di procedura penale (investigazioni difensive e accesso a luoghi e documentazione).
In questo caso, il diritto alla privacy degli altri degenti di cui sono richiesti alcuni dati sensibili sarà recessivo rispetto al diritto dell’Autorità giudiziaria a garantire l’accertamento dei fatti di reato e la prosecuzione dell’azione penale, proprio perché regolato dalle norme del codice di procedura penale che in ogni caso consentono l’accesso ai dati del fascicolo di indagine solo alle parti processuali e ai magistrati procedenti.